I FATTI STORICI DELLA RIVOLUZIONE RUSSA DEL 1917
La rivoluzione russa del 1917 fu la naturale conseguenza di un periodo molto difficile per il Paese sotto diversi punti di vista.
Innanzitutto da un punto di vista politico, la Russia, come gli altri Paesi europei, era in piena guerra mondiale. Aveva subito, e continuava a subire, moltissime perdite. Lo stesso zar Nicola II si trovava al fronte, a Mogilev, nell’attuale Bielorussia. Il reclutamento di massa di cittadini aveva creato da un lato mancanza nella forza lavoro nelle campagne e dall’altro lato un forte malcontento tra i contadini che vivevano in uno stato di grande disagio sociale.
La situazione economica era, infatti, critica: mancavano i viveri principali e i collegamenti tra le città erano precari. Per questo, soprattutto nelle zone più remote del grande impero russo, gli approvvigionamenti diventavano via via più difficili. Lo zar Nicola, lontano dalla capitale, non aveva il controllo della situazione e persino le comunicazioni con i suoi collaboratori erano difficoltosi. Infine le ingenti spese richieste per la continuazione della guerra avevano portato a una fortissima crisi economica e a un aumento vertiginoso dell’inflazione.
E’ chiaro come in questo clima di esasperazione si potessero creare le basi per la rivoluzione russa.
I fatti che si sono svolti in Russia nel 1917 sono universalmente noti come “rivoluzione russa”. Non tutti però sanno che, in realtà, le rivoluzioni furono due; una a febbraio, l’altra a ottobre.
La rivoluzione russa di febbraio nasce appunto da questo forte malcontento e dalle condizioni precarie in cui si trovavano in quei mesi sia i contadini nelle campagne che gli operai delle grandi fabbriche cittadine. In una di queste, le famose officine Putilov di San Pietroburgo (allora denominata ancora Pietrogrado, secondo l’antica denominazione russa “gorod “ in russo significa “città”), il diciotto febbraio del 1917 venne indetto uno sciopero da parte degli operai. La rivolta venne repressa duramente, tanto è vero che quasi tremila operai vennero licenziati. Tuttavia questo non fermò l’ondata di rivolta. Infatti nei giorni successivi anche in altre fabbriche di San Pietroburgo vennero indetti altri scioperi, finché non si arrivò alla proclamazione di uno sciopero generale il ventitré febbraio. I rivoltosi chiedevano allo zar, che si trovava al fronte a Mogilev, alcune concessioni. Nicola II, però, non comprese la gravità della situazione e diede ordine ai suoi rappresentanti in città di reprimere queste rivolte con la forza. Tre giorni dopo la guardia imperiale represse una sciopero in corso sulla prospettiva Nevskij e uccise decine di persone. Tuttavia il malcontento popolare era penetrato anche tra i soldati i quali aiutarono il popolo fornendo loro armi per la rivolta. Il presidente della Duma Rodzianko cercò di far capire al sovrano che la situazione era critica: la popolazione era davvero allo stremo, non si trattava di episodi sporadici, ma vigeva un forte malcontento popolare a vari livelli. Lo zar doveva intervenire facendo delle concessioni al popolo, altrimenti la situazione sarebbe precipitata velocemente. Nicola II, tuttavia, restò inamovibile. Rimaneva convinto di poter mantenere il potere con la forza. Invece il 27 febbraio, un gruppo di operai, appoggiati da soldati, entrò nella duma, il parlamento russo, la cui sede era al palazzo della Tauride a San Pietroburgo.
La rivoluzione russa di febbraio non si limitò, però, alla sola capitale, San Pietroburgo, ma ebbe dei fuochi anche nell’altra grande città russa, Mosca. Anche qui vennero indetti una serie di scioperi e scoppiarono diverse rivolte. In entrambe le città, quindi, si susseguirono anche nei giorni seguenti una serie di rivolte che portarono lo zar Nicola II ad abdicare in favore del fratello, il granduca Mikhail. Quest’ultimo, però, rinunciò al trono. Tutta la famiglia imperiale venne arrestata e verrà poi giustiziata a Ekaterinburg. Dopo tre secoli di regno, la dinastia dei Romanov perdeva il potere in Russia.
Dopo la rivoluzione di febbraio, nel palazzo della Tauride, venne convocata la prima assemblea dei soviet. Il soviet di San Pietroburgo era costituito in maggioranza dai menscevichi. Contrariamente a quanto si possa pensare, infatti, i bolscevichi non ricoprirono il ruolo principale nella rivoluzione russa di febbraio. Questo perché la maggior parte dei capi del partito bolscevico non si trovava in Russia, bensì in esilio, chi in Siberia, chi (i più fortunati) all’estero. Tra questi Lenin si trovava in Svizzera. Dopo essere giunto a conoscenza dei fatti della rivoluzione russa di febbraio, Lenin decise subito di rientrare in patria per guidare i bolscevichi al governo del Paese. Il problema era come raggiungere la Russia e attraversare un Europa divisa dalla prima guerra mondiale. La Francia e l’Inghilterra impedirono a Lenin di rientrare in Russia, passando sui loro territori. Questo perché temevano che, una volta rientrato, avrebbe stipulato una pace con la Germania in quanto la Russia era allo stremo e doveva interrompere immediatamente il suo impegno nel conflitto. Francia e Inghilterra, infatti, avevano l’interesse che la Russia restasse in guerra per tenere la Germania impegnata sul fronte orientale. Al contrario la Germania, desiderosa di chiudere il fronte orientale, concesse a Lenin di rientrare in Russia in treno passando attraverso i propri territori. Fu così che Lenin, su un treno blindato che non aveva possibilità di scambi con l’esterno, rientrò a San Pietroburgo e giunse nella capitale il 3 aprile alla stazione Finlandskij. Ad accoglierlo c’era una folla immensa e Lenin potè constatare la vittoria della rivoluzione. Venne fatto salire su un carro armato e da qui pronunciò un discorso alla folla. Lo stesso discorso venne tenuto il giorno successivo in una conferenza del partito bolscevico. Sono le cosiddette “tesi di aprile” di Lenin. Si trattava di dieci punti fondamentali, conseguenza diretta della rivoluzione russa di febbraio. Gli aspetti principali che lo statista russo evidenziò nelle tesi di aprile furono:
- L’uscita immediata della Russia dal conflitto mondiale che aveva provocato ingenti perdite per l’esercito russo e aveva trascinato il Paese in una crisi economica drammatica
- L’abbattimento del governo provvisorio. Tutto il potere doveva passare ai soviet. Questo punto in particolare non fu particolarmente gradito ai menscevichi, i quali si sentirono messi da parte dopo aver avuto un ruolo fondamentale nella rivoluzione russa di febbraio
- Anche le terre dovevano diventare del popolo. I contadini dovevano occupare le terre che durante l’impero erano appartenute ai grandi proprietari.
- Lenin propose di cambiare il nome del partito bolscevico. Da allora in avanti avrebbe dovuto chiamarsi “partito comunista”
Tuttavia il potere era ancora in mano al governo provvisorio al quale la figura di Lenin risultava scomoda. Il ministro della guerra Kerenskij incitava a continuare la guerra, ma l’esercito stesso era spaccato. Spesso vi erano ribellioni e i piccoli soldati arrivavano ad uccidere il proprio superiore. Gli operai continuavano gli scioperi e alcune fabbriche furono costrette a chiudere. Nelle campagne, invece, era in atto la rivolta dei contadini che, sotto la spinta delle tesi di aprile di Lenin, avevano cominciato a ribellarsi, occupando terre e anche conventi che vennero espropriati alla Chiesa. Le tesi di Lenin e dei bolscevichi avevano, quindi, sempre più seguito.
Erano queste le premesse a un’altra rivoluzione, quella di luglio, che però fallì. Lenin e i bolscevichi ritenevano che fosse ancora troppo presto per prendere il potere, ma, di fronte, alla volontà degli operai di rovesciare il governo, non si opposero e appoggiarono questa ennesima rivoluzione russa che però non ebbe questa volta esito positivo. Il 3 luglio, infatti, venne nuovamente attaccato il palazzo della Tauride, ma l’esercito rimasto fedele al governo provvisorio, retto all’epoca dal principe Lvov, represse la rivolta. Tutti i principali membri del partito bolscevico vennero arrestati, tranne Lenin, che riuscì a scappare in Finlandia sotto le sembianze di un operaio. Lenin venne accusato di alto tradimento da Kerenskij. In particolare venne accusato di corruzione, di aver causato una rivolta in Russia per costringere il Paese a ritirasi dalla guerra e di aver per questo accettato denaro dalla Germania.
In questa situazione difficile di disordine economico e sociale, Kerenskij assunse il ruolo di Primo Ministro e cercò di rafforzare il governo provvisorio isolando la minaccia del partito bolscevico. Infatti Lenin, dal suo esilio in Finlandia, invitava i suoi sostenitori a spingere per arrivare a un colpo di stato che instaurasse il potere del popolo. In particolare Kerenskij ripristinò la pena di morte per i soldati che si ribellavano ai propri ufficiali. Affermò, quindi, che la Russia avrebbe continuato il conflitto mondiale e represse le rivolte dei contadini nelle campagne.
Il 12 agosto del 1917 Kerenskij convocò al teatro Bolshoj di Mosca il famoso “Consiglio di Stato” a cui parteciparono tutti gli esponenti dei partiti politici russi, ad esclusione di quelli del partito bolscevico, e i rappresentanti dell’esercito, degli imprenditori e dei proprietari terrieri. Lo scopo era quello di consolidare il governo provvisorio e trovare soluzioni per reprimere le rivolte e gli scioperi. Tra i vari rappresentanti emerse la figura del generale Kornilov che sosteneva il pugno di ferro sia in guerra sia in patria contro le rivolte e contro la propaganda dei bolscevichi. Il generale Kornilov venne nominato, quindi, comandante supremo dell’esercito. La situazione al fronte, però, non migliorò. Infatti il 19 agosto il generale Kornilov dovette cedere Riga alla Germania e fuggì dirigendosi verso la capitale, San Pietroburgo. Raccolse dei soldati a lui fedeli e cominciò la marcia sulla città con il tentativo di annientare i bolscevichi e assumere il potere nella capitale. Questo provocò l’ira di Kerenskij, il quale accusò il generale di tradimento. Infatti Kerenskij aveva inizialmente appoggiato il generale Kornilov solo perché sperava con il suo aiuto e con l’aiuto dell’esercito di reprimere definitivamente i bolscevichi. Nel momento in cui capì le ambizioni del generale Kornilov, Kerenskij gli intimò di bloccare la sua marcia su San Pietroburgo e lo esonerò dal suo incarico di comandante in capo dell’esercito. Tuttavia il generale Kornilov si rifiutò di lasciare l’incarico e tentò un vero e proprio colpo di stato. A questo punto furono i bolscevichi che si impegnarono per la difesa della città di San Pietroburgo. In particolare riunirono un consiglio di guerra per la difesa della città e reclutarono un gruppo di soldati della guardia rossa che dovevano contrastare l’offensiva del generale Kornilov. Gli operai delle offine Putilov, coloro che con il loro primo sciopero avevano dato il via alla rivoluzione russa di febbraio, costruirono alcuni cannoni per difendere la città.
Grazie all’impegno dei bolscevichi e della popolazione di San Pietroburgo il colpo di stato del generale Kornilov fallì. Lo stesso Kornilov, insieme agli altri ufficiali del suo esercito che lo avevano appoggiato, vennero arrestati. Il potere rimase in mano a Kerenskij, il quale aveva perso di fatto ogni credibilità agli occhi non solo della popolazione, ma anche degli altri membri del governo provvisorio. Infatti non aveva saputo reagire al colpo di stato del generale Kornilov e organizzare una difesa della città di San Pietroburgo.
Il fallito colpo di stato aveva, quindi, fatto emergere come il partito bolscevico fosse l’unica forza in grado di governare il paese. Lo stesso Lenin, in esilio, cercò di convincere i suoi compagni che era giunta l’ora di procedere al colpo di stato prima delle elezioni dell’assemblea costituente.
Il 10 ottobre Lenin riuscì in incognito a rientrare a San Pietroburgo e si rifugiò all’istituto Smolnij che era diventata la nuova sede del partito bolscevico. In questo periodo fece la sua comparsa sulla scena politica anche la figura di Trotzi che fu nominato capo del comitato militare rivoluzionario. Questo comitato si occupò di organizzare i bolscevichi e attrezzarli per il colpo di stato. Furono, infatti, reclutati una serie di soldati, in parte dal fronte baltico, in parte dai disertori dell’esercito del governo provvisorio. Gli operai delle principali officine di San Pietroburgo si occuparono della forgiatura di armi, cannoni e munizioni.
Tutto era pronto per la cosiddetta rivoluzione russa di ottobre. Il 24 di questo mese la guardia rossa occupò tutti i principali punti di San Pietroburgo, tra cui le stazioni ferroviarie, le fabbriche e le banche. Nessuno oppose resistenza a conferma del fatto che ormai il partito dei bolscevichi era visto come l’unica alternativa credibile. Kerenskij fuggì dalla città grazie all’appoggio dell’ambasciata americana. Gli altri ministri del governo provvisorio, invece, rimasero barricati nel palazzo d’inverno, l’attuale museo dell’Ermitage, e cercarono di radunare quei pochi soldati dell’esercito rimasti ancora fedeli al governo provvisorio. I bolscevichi accerchiarono il palazzo d’inverno e intimarono i membri del governo provvisorio ad arrendersi. In caso contrario i ribelli avrebbero aperto il fuoco dalle navi da guerra giunte in città dal Baltico. Di fronte a una mancata risposta, l’incrociatore Aurora sparò la cannonata che diede il via alla rivoluzione russa d’ottobre. Lo scontro, però, durò pochissimo. Infatti i bolscevichi penetrarono nel palazzo di inverno e tutti i ministri del governo provvisorio vennero arrestati e rinchiusi nella fortezza di Pietro e Paolo.
Il 26 ottobre fu convocato il consiglio dei soviet presso l’istituto Smolnij. Il presidente Kamenev fece rapporto sull’esito della rivoluzione russa d’ottobre e dichiarò la nascita della Repubblica dei Soviet.
La sera toccò a Lenin salire sul palco e dettare le leggi del nuovo stato. Il grande statista della rivoluzione russa annunciò i seguenti provvedimenti:
- Immediata cessazione della guerra mondiale
- Espropriazione delle terre che dovevano essere ridistribuite tra tutti i contadini
- Rinnovamento del sistema di sicurezza. La milizia doveva essere composta da operai
- Nelle fabbriche e nelle officine la giornata lavorativa non doveva superare le otto ore
- Le donne ottenevano la parità dei diritti di fronte alla legge. Veniva introdotto anche il divorzio e il matrimonio civile
- Separazione definitiva tra Stato e Chiesa
- Le ferrovie e le banche diventavano statali
- Il commercio estero diveniva monopolio statale
- Infine Lenin sosteneva che questa rivoluzione socialista avrebbe dovuto essere trasportata anche all’esterno dei confini russi, fino in Germania e in Italia.
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