CHIESA DEL SALVATORE O DEL SANGUE VERSATO SAN PIETROBURGO
Con le sue molteplici cupole, la Chiesa del Salvatore o del Sangue
Versato è diventata uno dei simboli più riconoscibili
di San Pietroburgo da quando è stata riaperta al pubblico
nel 1997.
Costruita in memoria dello zar Alessandro II, che fu vittima
di un attentato perpetrato dal gruppo terroristico Volontà
del Popolo nel 1881, la Chiesa della Resurrezione di Cristo (questo
è il suo nome ufficiale) doveva essere un luogo privato di
cordoglio per la morte dello zar.
Furono i bolscevichi ad aprire
al pubblico le elaborate porte di questa chiesa incredibile, ma
la struttura non era stata concepita per accogliere migliaia di
persone, per cui gli interni cominciarono subito a risentirne.
In
seguito alla chiusura delle chiese ordinata da Stalin negli anni
30, ledificio venne adibito a magazzino degli articoli
più svariati, dalle patate alle scenografie teatrali.
Nei
primi anni 70, dopo decenni di abbandono, fu finalmente avviato
un processo di restauri che però procedette a rilento in
quanto il clima politico non era ancora sufficientemente aperto
nei confronti della religione. Oggi è ricordata soprattutto
come la chiesa dei tempi lunghi: ci vollero 24 anni per costruirla
e 27 per ristrutturarla. Vale la pena visitarla per i mosaici che
decorano le pareti interne, realizzati da 30 artisti su una superficie
di 7000mq.
L'attentato allo zar
Lo stereotipo del terrorista-rivoluzionario di professione si formò
nella seconda metà del XIX secolo con il sorgere e lespandersi
del movimento nichilista anarchico in Russia e nel resto del mondo.
Le riforme di Alessandro II ed in particolar modo l'attenuazione
delle censura incoraggiò il dibattito politico e sociale.
Il regime sperava così di ottenere attraverso l'influenza
che i giornali e gli altri periodici avevano sull'opinione pubblica
l'appoggio la sua politica interna ed estera.
Questa maggior libertà
permise anche a tutti gli oppositori del regime sia progressisti
che nazionalisti di portare a conoscenza di un maggior numero di
persone le loro opinioni che denunciavano l'imperialismo dello stato e le condizioni di vita dei contadini e degli operai, o che chiedevano
una politica estera più aggressiva.
Tra il 1860 e i1 1880
i radicali russi, meglio conosciuti come populisti (Narodniki),
focalizzarono la loro attenzione sui ceti contadini che essi identificarono
come il popolo (narod). Tra i leader populisti vi erano scrittori,
idealisti ed anche sostenitori di linee d'azione più determinate
come i nichilisti. Nel 1860, Nikolai Chernyshevsky, il più
popolare scrittore populista del periodo, ipotizzò che la
Russia potesse scavalcare la fase capitalista e dirigersi direttamente
verso il socialismo. La sua più importante opera Che fare?
(1861) suggerisce la come risposta alla sua domanda il lavoro rivoluzionario
tra i contadini in modo da creare una nuova generazione di rivoluzionari.
Altri radicali come gli anarchici Michail Bakunin e Sergey Nechayev
spingono per l'azione diretta. Il pubblicista Petr Tkachev polemizza con in fautori del Marxismo
affermando che una rivoluzione di popolo non è possibile
in Russia a causa dell'ignoranza delle masse, in cui Tkachev non
riponeva alcuna fiducia, e quindi era necessario educare una elite
rivoluzionaria composta di soli intellettuali.
Contestando questa
visione Petr Lavrov fece un appello "per il popolo" seguendo
il quale negli anni 1873 e 1874 centinaia di idealisti si recarono
nelle campagne nel tentativo di creare un movimento di massa tra
i contadini. La campagna fallì a causa della diffidenza dei
contadini per tutto ciò che veniva dalla città ed
anche perché il governo incominciò a ritenere pericolose
tali attività dei Populisti arrestando molti di loro e deportandoli
in Siberia.
I radicali riconsiderarono allora la loro strategia
e nel 1876 formarono l'organizzazione detta Terra e Libertà
(Zemlja i Volja) che prendeva anche in considerazione per l'uso
degli attentati nella lotta politica.
Questo orientamento divenne
più marcato tre anni dopo quando il gruppo si ribattezzò
Volontà del Popolo (Narodnaja Volja). Questo gruppo intendeva
contrastare le azioni repressive del governo colpendo direttamente,
attraverso attentati alla loro vita, i responsabili. Si trattava
di vere e proprie condanne a morte spesso preannunciate a scopo
di deterrente.
Anche lo stesso Zar venne ritenuto responsabile delle
repressioni e vari furono gli attentati alla sua vita fino a quello
definitivo del 1881 in cui Alessandro II perse la vita.
Lattentato
diede impulso alla pratica degli anarchici di tutta Europa. In seguito
infatti furono assassinati da militanti anarchici il presidente
francese Carnot (1894), il presidente spagnolo Del Castillo, il
re dItalia Umberto I (1900).
ALESSANDRO
II
Alessandro II Romanov (17 aprile 1818 13 marzo 1881), imperatore
e zar di Russia, e duca di Finlandia, dal 2 marzo 1855 alla sua
morte, figlio maggiore di Nicola I.
È conosciuto come un riformatore che tenta di rinnovare la
cristallizzata società russa; muore assassinato da un anarchico.
Infanzia e gioventù
Alessandro si forma nello spirito reazionario predominante in Europa
nei primi anni del XIX secolo e che in Russia è ancora presente
alla fine del regno del padre. Nei trent'anni che lo zar trascorre
come erede al trono l'atmosfera di San Pietroburgo non è
certo favorevole allo sviluppo di un qualunque pensiero originale.
Il principio di governo è la repressione di qualunque libertà
di pensiero e di iniziativa privata. Censori sono diffusi ad ogni
livello e le critiche sono viste dalle autorità come una
profonda minaccia.
Alessandro riceve la tipica educazione dei giovani russi di buona
famiglia: un'infarinatura di cultura generale ed una buona conoscenza
delle lingue europee. Il futuro zar dimostra di avere poco interesse
per le questioni militari, cosa che è disapprovata dal padre.
Nel 1841 sposa la figlia del granduca Luigi II di Hesse, Massimiliana
Guglielmina Maria, in seguito conosciuta come Maria Aleksandrovna.
Da questo matrimonio nascono 6 figli e due figlie.
I primi anni di regno
Il primo anno del suo regno Alessandro lo dedica alla prosecuzione
della guerra di Crimea e, dopo la caduta di Sebastopoli alle trattative
di pace. Questi avvenimenti aprono la strada al periodo delle riforme
più radicali, appoggiate dall'opinione pubblica ma applicate
con principio autocratico: il governo di Nicola I, che ha sacrificato
tutti gli altri interessi per fare della Russia una potenza militare,
ha dimostrato la sua inefficienza durante la guerra di Crimea. Un
nuovo sistema è necessario e quindi deve essere adottato.
Malgrado sia un attento guardiano dei diritti e dei privilegi autocratici
e resista ad ogni tentativo di forzargli la mano Alessandro tende
a darsi un'immagine, durante la maggior parte del suo regno, di
un sovrano costituzionale di stampo europeo. Subito dopo la conclusione
della pace che mette fine alla guerra di Crimea promulga una serie
modifiche alla legislazione dell'industria e del commercio che hanno
come conseguenza la nascita di un grande numero di Compagnie a Responsabilità
Limitata.
Nello stesso tempo viene redatto un piano per la realizzazione di
una grande rete ferroviaria sia per migliorare lo sfruttamento delle
risorse naturali che per incrementare il potere di attacco e difesa
dell'esercito.
Emancipazione dei servi
Ulteriori progressi sono però bloccati da un formidabile
ostacolo: l'esistenza della servitù della gleba. Alessandro
mostra subito di voler prendere di petto questo problema, che il
padre ha sempre preferito accantonare. Prendendo spunto da una petizione
presentata dai proprietari terrieri delle province polacche e lituane
e sperando che le loro relazioni con i servi possano essere gestite
in modo più soddisfacente (intendendo il termine nei sensi
della soddisfazione dei proprietari) lo zar autorizza la formazione
di comitati "per il miglioramento delle condizioni di vita
dei contadini" ed illustra i principi in base a cui devono
essere effettuati i miglioramenti.
Questo passo è seguito
da uno ancora più importante. Senza consultare i suoi soliti
consiglieri Alessandro ordina al ministro dell'interno di inviare
una circolare ai governatori della Russia Europea con le istruzioni
inviate al governatore generale della Lituania. La circolare loda
le, presunte, intenzioni patriottiche dei proprietari terrieri della
Lituania e suggerisce ai proprietari delle altre province di formulare
analoghi propositi.
L'obiettivo è presto raggiunto, in tutte
le province ove vi sono servi della gleba vengono formati i comitati
per l'emancipazione. La questione dell'emancipazione dei servi solleva
un gran numero di spinosi problemi in quanto non si tratta di una
questione umanitaria risolvibile con un ukase imperiale bensì
di cambiare radicalmente gli equilibri politici e sociali della
Russia.
Alessandro ha una conoscenza minima di ciò che è necessario
per condurre in porto felicemente una simile operazione che vede
come la semplice scelta tra due possibili strade. Molti consigliano
allo zar di trasformare i servi in lavoratori agricoli dipendenti
dal punto di vista economico e amministrativo dai loro datori di
lavoro mentre altri sostengono la loro trasformazione in proprietari
indipendenti.
L'imperatore da il suo supporto alla seconda soluzione ed i contadini
russi di conseguenza acquisiscono, almeno formalmente, diritti e
privilegi persino maggiori degli altri contadini europei. In realtà
tutta l'operazione di riforma agraria conseguente si avvierà
con tempi così lenti che nel 1914 solo una minima frazione
degli ex servi è diventata realmente proprietaria.
Il 3 marzo 1861, nel sesto anniversario dell'incoronazione di Alessandro
II, la legge di emancipazione è firmata e pubblicata.
Altre riforme
A questa seguono altre riforme: la riorganizzazione dell'esercito
e della marina; un nuovo sistema giudiziario basato sul modello
di quelle della Francia, introdotto in questa nel 1864; un nuovo
codice penale ed una semplificazione nella procedura civile e penale;
un elaborato schema di autogoverno locale per i distretti rurali
(1864) e le grandi città (1870) con assemblee elettive con
limitati poteri di tassazione; una nuova polizia rurale sotto il
controllo diretto del ministero degli interni.
Queste nuove istituzioni pur migliorando alcune situazioni non sono
sufficienti per modificare i reali rapporti tra le classi nella
cristallizzata società russa, società segrete vecchie
e nuove continuano ad operare mentre dall'occidente giungono nuove
idee come l'anarchismo ed il socialismo.
Alessandro risponde a tutto ciò alternando repressione e
promesse di ulteriori riforme.
Repressione dei movimenti nazionalistici
All'inizio del suo regno Alessandro afferma, in riferimento a polacchi,
ukraini, lituani, livoni bielorussi, "nessun sogno" riguardo
a possibili movimenti indipendentistici.
La conseguenza è la rivolta del gennaio 1863 che viene repressa
dopo un anno e mezzo di combattimenti. Migliaia di polacchi vengono
giustiziati e decine di migliaia deportati in Siberia.
Il prezzo che la Russia paga per aver mano libera nei confronti
delle nazionalità non russe è l'appoggio all'unificazione
della Germania da parte della Prussia.
Tutti i territori polacchi e lituani sono esclusi dalle riforme
introdotte da Alessandro. In Lituania la legge marziale introdotta
nel 1863 viene abolita solamente 50 anni dopo.
Le lingue nazionali di Lituania, Ukraina e Bielorussia sono assolutamente
proibite nei testi scritti mentre il polacco è vietato sia
come lingua scritta che parlata in tutte le province tranne che
nel Ducato di Varsavia.
La
morte
Proprio il giorno della firma del decreto (13 marzo 1881) di soppressione
delle lingue non russe Alessandro II cade vittima di un attentato
nichilista. Mentre transita per la strada centrale di San Pietroburgo,
nei pressi del Palazzo d'Inverno viene mortalmente ferito dall'esplosione
di un ordigno costruito manualmente la sera prima: gelatina esplosiva
in un barattolo di petrolio, poi nascosto in una torta Pasquale;
muore poche ore dopo.
Gli attentatori fanno parte del gruppo rivoluzionario "Narodnaja
Volja", "Volontà del Popolo" (letteralmente
"Popolare Volontà", da notare che la parola Volja
in russo può assumere anche il significato di libertà)
che spera che l'azione inneschi una rivoluzione sociale. Il gruppo
aveva già compiuto precedentemente altri sette tentativi,
tutti andati a vuoto.
I membri del complotto sono arrestati e giustiziati mentre l'esecutore
materiale, il polacco Ignacy Hryniewiecki muore durante l'azione.
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