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In Oriente, il tappeto ha origini particolarmente antiche, datate V secolo o VI secolo, più tardi il tappeto annodato sarebbe stato introdotto in Persia dai turchi Selgiuchidi a partire dal XI secolo. Il più antico tappeto a noi pervenuto è noto come Tappeto di Pazyryk (circa 500 a.C.). L'arte del tappeto persiano giunse alle più alte vette durante la dinastia dei Safavidi, ovvero fino al primo quarto del 1700. Nel 1800 ha un ruolo importante la città turca di Smirne dietro le accresciute richieste della borghesia europea. I Tappeti egiziani, un tempo chiamati Tappeti di Damasco o Tappeti mammelucchi a motivi geometrici stilizzati, furono prodotto di punta dei mercanti veneziani già dal 1500, come appare ad esempio nei dipinti dell'epoca di Tintoretto.
Il periodo migliore della produzione di tappeti in India corrisponde al XVI secolo e XVII secolo, sotto la dinastia Moghul e grazie a lavoratori migrati dalla Persia. I capolavori di questa arte raffigurano spesso scene di caccia con elementi naturalistici.
In Europa i tappeti sono stati fabbricati sin dal 1200 in Spagna, con molteplici riferimenti alla produzione anatolica; questo tipo di tappeto venne massicciamente esportato nel resto del continente e chiamato tappeto ispano-moresco. La Francia ebbe maggior fortuna nella produzione seicentesca dei laboratori del Louvre, i cui motivi sono ispirati alla pittura francese di paesaggio. Nel 1800 la manifattura dei tappeti venne fusa con quella dei gobelin.
In altre nazioni europee nacque una produzione più che altro ad imitazione di disegni orientali, ma maggiormente meccanizzata; infine nel1900 l'arte del tappeto passò dall'imitazione a motivi astratti o stilizzati, fino alla rivalutazione di tipi rustici regionali.
I TAPPETI DI BUKHARA
Questa città da il nome ai tappeti più famosi al mondo in quanto Bukhara fu un importante centro commerciale e, grazie alla favorevole posizione geografica, (è stata per secoli una delle più importanti città centro asiatiche)
I tappeti di Bukhara annodati dalle popolazioni turcomanne, sono quì transitati oppure è tornato comodo attribuirne l'origine a questa affascinante città.
Le manifatture che hanno reso famosi questi pezzi sono quelle volute dal Cremlino durante la dominazione sovietica; infatti ancor oggi quando si vuol sottolineare che un tappeto di Bukhara è originale ed autentico si dice appunto Bukara Russo.
Diverso discorso meritano i tappeti a disegno Bukhara, (disegno Tekke) ne sono stati annodati in tutte le epoche ed in ogni parte del mondo. Troviamo questo motivo in Turchia, in Iran, specialmente nell’area di Mashad ( ricordo che siamo in Khorassan quasi ai confini con l’Afganistan). Per non parlare delle produzioni afgane, indiane e cinesi, ritroviamo annodato questo motivo persino dalle popolazioni berbere; oggi esistono anche “Bukara”di manifattura vietnamita, cambogiana e tailandese.
Uno dei simboli dell'Uzbekistan è senza dubbio il tappeto di Bukhara.
Il loro classico disegno basato sulla ripetizione di motivi "gul" disposti regolarmente su tutto il campo e racchiusi da una cornice ricca di bordure minutamente decorate, è uno splendido esempio di equilibrio e armonia delle forme e dei decori. Possiamo collocare i Bukhara in una dimensione senza tempo, il loro impianto di disegno è pressoché immutato da secoli, ma nonostante questo sono sempre attuali e adattabilissimi anche agli arredamenti più moderni così come a quelli più classici. I materiali sono un vero fiore all'occhiello, infatti le lane dei Bukhara russi sono di una morbidezza e lucentezza uniche e li rendono luminosi e piacevoli anche al tatto. La produzione dei Bukhara avviene su un territorio piuttosto ampio, infatti le tribù turcomanne che li annodano vivono a cavallo tra il Turkestan (ex URSS), l'Afghanistan e l'Iran. I russi sono sicuramente i più apprezzati anche in virtù di un particolare processo di lavaggio a cui questi vengono sottoposti (Kiskan process), che li rende ancora più morbidi e che dona ai colori una patina particolare. Esistono anche molte imitazioni realizzate principalmente in Pakistan e Cina che, nel corso degli anni hanno avuto un certo successo in virtù dei loro costi molto contenuti, ma che restano lontani, nella qualità e nella bellezza, dagli originali.
LA TECNICA
La tecnica dell’annodatura del tappeto nasce nel Turkestan ed è pressoché la stessa che si utilizza ancor oggi. Consiste nell’allacciare e fissare con nodi ben fitti e stretti ad un tessuto di base dei fili corti, in modo che creino da un lato una superficie folta che ricopre il fondo: il cosiddetto “vello”.
La base è formata da fili tesi su un telaio (trama-ordito) che si intersecano tra loro ad angolo retto formando così la “catena”.
Nel corso dell’evoluzione di questa tecnica, per assicurare la giusta tensione dei fili della catena, furono usati i congegni più diversi: dai bastoni di legno sorretti da pioli fino ai grandi telai fissi orizzontali ai quali potevano lavorare più persone l’una accanto all’altra.
Gli utensili usati per l’annodatura sono veramente pochi e semplici: un pettine di legno o metallo, un paio di forbici, un punteruolo.
Il materiale preferito per l’annodatura è sempre stato ed è tuttora la lana di pecora. Solo più raramente vengono usati altri materiali naturali quali la seta ed il pelo di capra e di cammello.
Per il tessuto di base il materiale più usato è il cotone, tuttavia alcune popolazioni hanno caratterizzato la propria produzione usando la lana come catena o la seta nei casi in cui il tappeto richiedeva un’annodatura particolarmente fitta.
Il numero di nodi può variare tra i 500 per decimetro quadrato nei tappeti più antichi agli oltre 10.000 nei tappeti in seta del XVII Secolo.
LA DECORAZIONE DEI TAPPETI
Con il trascorrere dei secoli le culture di popoli diversi si sono in vario modo influenzate tra loro facendo sì che gli schemi decorativi venissero interpretati e realizzati in maniera similare in regioni tra loro anche molto lontane.
Tuttavia l’occhio attento dell’esperto sa sempre cogliere in un tappeto il segno che lo distingue e che lo colloca all’interno di una precisa zona di provenienza.
Saper riconoscere un motivo di campo o di bordura significa comprendere il linguaggio, il lessico del tappeto.
La gamma dei decori usati dai vari popoli è vastissima ma è possibile individuarne alcuni decisamente più ricorrenti.
Il disegno “Bothè” ha origini remote e ricorda per la sua forma una goccia d’acqua o una mandorla o ancora una fiamma o una foglia.
L’“Herati” è il motivo principe dei tappeti orientali: una rosetta racchiusa in un rombo lungo i cui lati sono disposte quattro foglie allungate ed altre quattro rosette. Rimasto pressoché invariato nel tempo nonostante l’ampio uso risulta facilmente riconoscibile.
Il “Gul” è l’ottagono che decora la maggior parte dei tappeti turcomanni: caratteristico nei tappeti di Bukhara in cui si trova ripetuto su tutto il campo, è realizzato in vari modi a seconda della zona di annodatura.
Innumerevoli sono poi le rappresentazioni stilizzate di animali (il pavone - il cammello - il gallo) frequentemente ripetuti e composti su moduli geometrici e matematici.
I motivi floreali non stilizzati di ricchissima policromia caratterizzano invece la produzione dal 1600 in poi. In questa epoca nasce la figura dell’ “ustad”, il maestro decoratore che esegue il cartone del tappeto, poi meticolosamente riprodotto dagli artigiani addetti all’annodatura.
Nei tappeti floreali quindi la fase progettuale è distinta da quella esecutiva anche se è difficile in ogni caso scindere i meriti del risultato. Lo spiccato realismo delle rappresentazioni richiede un maggior numero di nodi ed il prodotto è quasi sempre di altissima qualità.
In ultima analisi possiamo dire che la bellezza ed il valore dei tappeti orientali risiedono proprio nella varietà decorativa che fa di ogni esemplare un pezzo unico.
LA TINTURA
Fase importantissima nella creazione del tappeto, la tintura era un’attività esclusivamente maschile, pregna di segreti che venivano tramandati di padre in figlio.
Le radici di alcuni alberi, le bacche, la frutta e gli insetti erano le materie prime da cui ricavare le tinte di base: lo zafferano e la curcuma davano il giallo, dalla robbia tinctoria e dalla coccinella si ricavava il rosso, dall’indaco le varie gamme di azzurro e così via. Mescolando tra loro le tinte di base si producevano tutte le altre gradazioni di colore. La durezza dell’acqua, la temperatura, la durata ed il numero dei bagni influenzavano decisamente il risultato delle tinte.
I procedimenti davano sempre comunque risultati diversi ed ecco quindi apparire sul tappeto le caratteristiche “abrage” o cambi di colore.
Oggi i colori naturali si trovano solo nei tappeti prodotti da popolazioni nomadi o nei villaggi sperduti delle zone di Tabriz e di Sarouk.
Dal 1860 infatti i coloranti sintetici hanno preso il sopravvento sulle tinte naturali sostituendole completamente.
Inizialmente contestati, oggi di ottima qualità, producono tonalità e caratteristiche apprezzabili e nulla tolgono alla robustezza ed alla durata del tappeto.
Il tappeto orientale è costruito con fibre naturali le quali necessitano di cure e manutenzioni che rispettino le loro caratteristiche materiche. La pulizia quotidiana va eseguita con spazzole o scope di saggina; più raramente con macchine aspirapolvere ad estrazione a bassa potenza.
Il tappeto non va mai battuto per non rompere i fili dell’ordito e della trama.
Il lavaggio da eseguirsi ogni 4/5 anni deve essere affidato ad aziende specializzate che prediligano un procedimento naturale e non chimico.
Nel collocare il tappeto è importante evitare posizioni critiche quali l’appoggio di mobili pesanti o di vasi che possano trasmettere umidità. In questi casi è buona regola ruotare periodicamente il tappeto per permettere al vello di recuperare il suo spessore.
Il tappeto può essere riposto, dopo accurata pulizia, arrotolato in fogli di carta morbida e prodotti antitarmici in un luogo asciutto.
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