PARCO NAZIONALE “LA MONGOLIA NEL XIII SECOLO”
Uno dei modi migliori per chi viaggia in transiberiana e trans mongolica di conoscere a fondo la Mongolia è senz'altro visitare i parchi nazionali intorno alla capitale Ulan Bator. Uno di questi, il parco nazionale “la Mongolia nel tredicesimo secolo”si trova a un centinaio di chilometri da Ulan Bator. Ha una superficie di quindici ettari e i turisti, che effettuano il tour in transiberiana e trans mongolica, possono attraversarlo sia in macchina sia in autobus. E' in progetto la possibilità, per gli anni a venire, di dare la possibilità di visitare il parco anche a cavallo o su carri, come al tempo di Gengis Khan. I lavoratori del parco sono stagionali. Tuttavia vi sono anche persone che vivono nel villaggio e che, a fine stagione, rimangono a sorvegliare le strutture anche durante il periodo invernale. In ogni accampamento vivono dalle tre alle cinque persone. Per ora in inverno non ci sono molti visitatori; tuttavia gli organizzatori del parco stanno pensando a formule per attrarre turisti tutto l'anno. Infatti il tour in transiberiana e trans mongolica viene scelto sempre più spesso anche per il periodo invernale, per godere dei paesaggi innevati. Ogni campo si trova a un chilometro di distanza dall'altro e sono collegati da una strada sterrata. L'inizio e la fine dell'itinerario turistico sono presso la porta principale del parco. Proprio da questa porta si comincia la visita del parco. Tra le torri di pietra il visitatore è accolto da un custode in una vecchia armatura. All'ingresso compare poi un cavaliere medievale che controlla i biglietti. Appena entrati i viaggiatori in transiberiana e trans mongolica possono vedere l'accampamento dei guerrieri del tredicesimo secolo (stazione postale). Questi accampamenti venivano costruiti a una distanza di venticinque chilometri uno dall'altro. Avevano la funzione di stazioni di posta. Sui basamenti di pietra sono state erette le iurte dei guerrieri. Al centro sul basamento di pietra più alto si erge la iurta del comandante. L'interno delle iurte è arredato ed è possibile farsi fotografare con le armature dell'epoca.
Salendo sulla montagna e, al bivio, svoltando a destra, in un paio di chilometri si raggiunge un autentico villaggio di artigiani. Questo è uno dei luoghi più interessanti di tutto il tour in transiberiana e transmongolica. Le iurte degli artigiani sono collocate su ampie piattaforme di legno. Esse sono poste sul pendio della montagna e sono unite tra di loro da scalette di legno. Il posto è molto suggestivo. Vi sono rocce dalle forme straordinarie, un avvallamento protetto dai venti freddi: una vera opera architettonica in legno.
Gli artigiani mongoli del tredicesimo secoli erano famosissimi in tutto il mondo. In una iurta si assiste all'artigiano al lavoro: alcuni lavorano le pelli di animali per ricavarne tappeti e tele. Mostrano poi anche delle macine medievali con le quali si macinava la farina a mano. Gli artigiani vendono piccoli oggetti in legno e ossa di animali come souvenir, ricordo di questo magnifico viaggio in transiberiana. In un'altra iurta le donne creano gioielli ed è possibile indossare abiti tradizionali con i quali farsi fotografare.
Percorrendo passerelle di legno si vedono due torri di guardia, sempre in legno, dalle quali si apre una fantastica vista sulla pianura.
A un chilometro di distanza dal villaggio degli artigiani si trova un altro accampamento denominato, il palazzo del Khan. Questo è il luogo più importante di tutti i parchi nazionali. La iurta principale, quella del Khan, è circondata dalle iurte delle mogli, dei figli e dei parenti prossimi. La iurta del khan è arredata con oggetti dell'epoca: il trono del Khan, della moglie e della madre e i vestiti del Khan. Prima della iurta del Khan sono collocati ventidue pali, simbolo delle tribù che abitavano la Mongolia nel tredicesimo secolo.
Accanto c'è anche una iurta-ristorante dove i viaggiatori in transiberiana e trans mongolica possono assaggiare i piatti tipici mongoli. Nel parco vengono organizzati diversi eventi che richiamano feste e manifestazioni dell'epoca (corse di cavalli, lotta, tiro con l'arco, festa della birra e del latte).
Il campo successivo è quello degli sciamani. Ogni Khan che si rispetti aveva uno sciamano che lo consigliava, prevedeva le sfortune, le vittorie e le sciagure in famiglia o nello stato. Secondo la tradizione, gli sciamani mongoli appartengono a diversi clan e sono soliti radunarsi attorno a un fuoco per compiere i loro rituali. L'accampamento si trova in un avvallamento per tre lati protetto dai venti della steppa. E' possibile assistere ad alcuni rituali. Il luogo dove avvengono i riti degli sciamani sono al centro dell'accampamento; è circondato da bastoni di legno appuntiti che partono dal centro e sono rivolti verso tutti i lati. In tutto sono trecento sessanta cinque bastoni (come i giorni dell'anno). Questi bastoni sono conduttori dell'energia sprigionata dal rituale. La terminazione appuntita dei bastoni serve a tenere lontani gli spiriti maligni. All'interno del cerchio, sui pali, sono sistemati i totem di tutti i clan che vivevano in Mongolia. Al centro del cerchio sacro è collocato un albero ornato di drappi di seta.
Dopo il campo degli sciamani si incontra quello dei pastori, sia invernale che estivo. Al centro dell'accampamento un'enorme iurta è collocata su un carro. In questa parte del campo si entra in contatto con i pastori e con il loro modo di vivere: la vita quotidiana, i metodi di preparazione dei prodotti caseari, addestramento dei cavalli, come applicare un lazo, la verniciatura e la lavorazione della pelle. E' possibile anche fare un giro a cavallo, sui cammelli o sugli yak.
PARCO NAZIONALE HUSTAI
Il parco nazionale Hustai, altra tappa imperdibile per chi viaggia in transiberiana e trans mongolica, si trova a novantacinque chilometri a Ovest di Ulan Bator. Ha una superficie di cinquanta mila e seicento ettari. Qui vivono ben quaranta sei specie di mammiferi. Nella riserva è possibile vedere a breve distanza i famosi cavalli Takhi-Przewalski che sono stati reintrodotti nel loro habitat naturale. In totale sono stati trasportati all'Hustai National Park ottantotto puledri, ma riuscire a mantenerli tutti è pressoché impossibile. All'inizio del 1992 furono portati quindici cavalli da uno zoo olandese. Fino al 2000 per quattro volte sono stati portati altri ottantaquattro Takhi dalla Russia e dall'Olanda. Ci sono cavalli Takhi-Przewalski sia negli Stati Uniti che in altri Paesi dell'Europa, ma il ramo purosangue proviene dalla riserva naturale di Askania Nova, in Ucraina. Proprio da questa riserva tra il 1991 e il 1993 sono stati trasportati in aereo ventuno cavalli. Questo cavallo vive circa dieci, quindici anni. Dei primi quindici trasportati ne sono sopravvissuti solo tre, dei successivi ottantaquattro solo trentasette. Tuttavia dal momento della creazione della riserva si sono riusciti a crescere circa cento nuovi cavalli. Ad oggi l'esperimento si considera pienamente riuscito.
LUNGO LA FERROVIA TRANSMONGOLICA ALLA SCOPERTA DI KARAKORUM, LA LEGGENDARIA CAPITALE DELLA MONGOLIA
All'inizio del ventesimo secolo gli studiosi localizzarono l'antica capitale di Gengis Khan, lungo il corso del fiume Orkhon, nella Mongolia centrale. L'impero nomade, costituito da popolazioni che vivevano nelle iurte, era solito spostarsi di luogo in luogo in base ai pascoli e alle sorgenti. Non aveva, pertanto, una città vera e propria. L'unica volta in cui l'impero si soffermò su un territorio per un periodo di tempo maggiore, diede vita alla cosiddetta “città gioiello”, la città di Karakorum. Secondo la testimonianza dei copisti, nella capitale mongola, accanto ad edifici e templi di pietra si trovava una florida attività di estrazione dell'oro e d'argento: i suoi gioielli erano famosi in tutto il mondo. Per una serie di decenni arrivarono a Karakorum caravane con ricchi trofei di guerra che portavano dalle terre conquistate i migliori artigiani i quali dovevano provvedere alla costruzione della città. Nelle cronache storiche è scritto che ogni giorno in città arrivavano fino a cinquecento cammelli carichi di merci e prodotti. La città del grande Khan si distingueva per il lusso dei suoi palazzi e per gli edifici in pietra, che rivaleggiavano per bellezza con le più ricche città del mondo.
Tra il 1948 e il 1949 un team di archeologi sovietico-mongoli ha condotto gli scavi per portare alla luce la presunta città di Karakorum. Essi sono stati interrotti per poi riprendere nel 1999 ad opera di una squadra di archeologi tedeschi e mongoli. Tuttavia ad oggi non è stato rinvenuto niente. Non ci sono neppure le rovine della città. Al suo posto oggi c'è un vasto prato che i viaggiatori che giungono in queste zone con la mitica ferrovia transiberiana e trans mongolica possono raggiungere durante una delle tante escursioni ai dintorni di Ulan Bator. Ciò che è nascosto sotto terra è ancora oggetto di studio da parte degli archeologi. Nel 2003 è stato portato alla luce un palazzo che si credeva fosse quello di Ogodei, ma le sue dimensioni sono di gran lunga più piccole rispetto alle descrizioni degli storiografi. Tuttavia gli archeologi sono convinti che si tratti del palazzo di Ogodei.
Dagli scavi emerse nel 1948 il termine “ta-cho-lin” (nome cinese della città)e il termine persiano “shekr Khanbalik” (nome persiano della città). Secondo uno studioso questi termini erano riferiti alla città di Karakorum. Sulla base di queste iscrizioni su pietra, ritrovati nel territorio del monastero di Erdene Zuun, visitabile da chi fa il tour in transiberiana e trans mongolica, si è pensato che ci si fosse imbattuti nella mitica capitale di Gengis Khan. Fu poi ritrovata una stele di pietra con incisioni in cinese e in mongolo, dove si esponeva in breve la storia della città. Sulla stele è scritto: “Karakorum, il luogo da dove iniziò la dinastia Yuan”. Secondo gli studiosi la stele fu installata per celebrare i quattro anni dalla ricostruzione della città (1342-1346).
Dopo la caduta dell'impero Yuan, nel 1380, la città fu completamente distrutta dalle truppe cinesi. Dell'antica maestosità sono giunte ai giorni nostri solo delle tartarughe di pietra, basamenti di stele sulle quali venivano scolpiti i decreti più importanti del governo centrale. Secondo la leggenda quattro tartarughe di granito avrebbero salvato la città da un'alluvione. Due tartarughe di pietra si trovano oggi nelle vicinanze del monastero di Erdene Zuun. Una si trova sul lato nord occidentale, l'altra non lontana dalla montagna, a Sud-Est. Chi effettua il viaggio in transiberiana e trans mongolica e fa sosta a Ulan Bator ne può visitare alcune lungo le vie per i parchi.
Le prime ipotesi che le tracce di costruzioni ritrovate sul luogo dell'odierna Kharkhorin, sul fiume Orkhon, potessero essere quelle di Karakorum ,furono avanzate dal capo della spedizione della società geografica russa, Jadrenzev nel 1889. Nel suo diario riportò: “abbiamo rinvenuto enormi rovine che si possono senza ombra di dubbio datare alla città dei gioielli (Karakorum)”. Queste furono le prime e uniche rovine ritrovate lungo il corso del fiume Orkhon. Successivamente cominciarono a identificarle con Karakorum ( fondata nel 1219, completata nel 1235 e distrutta dalle truppe cinesi nel 1380). Nel 1263 Pechino fu proclamata capitale dell'impero mongolo. In centosessant'uno anni di esistenza, Karakorum rimase capitale per soli quarant'anni. L'invasione delle truppe cinesi e le guerre interne tra i feudatari mongoli distrussero irreparabilmente la città. Negli ultimi duecento anni di esistenza la città venne ripetutamente saccheggiata e bruciata, motivo per cui, secondo gli storici, dell'antica capitale non è rimasto più nulla: né un palazzo in rovina né una pietra. Secondo alcuni storici dalle macerie della città di Karakorum, nel 1586 fu costruito il primo monastero buddista della Mongolia, quello di Erdene Zuun. Per questo non sarebbe rimasto nulla dell'antica città, neppure una pietra.
Nella raccolta di scritti della spedizione del 1892 ritroviamo della parole che comprovano l'appartenenza delle rovine ritrovate all'antica città di Karakorum: “a Nord del monastero di Erdene Zuun si trovano le rovine di un'antica città circondata da tre lati da un albero. Nella città si vedono piccoli alberi e colline, resti di vecchie case, tra le quali si vedono chiaramente due grandi vie che si intersecano. Nella parte a Sud –Est della città si trova un'enorme tartaruga con un foro rettangolare sulla schiena per l'inserimento di una grande tomba, simile al monumento di Kiul-Teghina. Della tomba nelle iscrizioni non c'è traccia. Attorno alla tartaruga ci sono un albero e cinque cumuli di terra, di cui quello al centro di dimensioni considerevoli. Sul territorio del monastero ci vengono descritte dalla iscrizioni delle pietre trasportate qui dai dintorni. Soprattutto si trovano spesso delle pietre con le iscrizioni cinesi “cho –lin” e “ta-cho-lin” e con le iscrizioni persiane “Shekr Khanbalik”, che rimandano al nome della città di Karakorum. Tutte queste pietre, portate al monastero dalle vicine città distrutte testimoniano che questa città era quella di Karakorum e corrisponde perfettamente alle fonti cinesi”.
Alla fine del diciannovesimo secolo Pozdneev, sulla base dell'analisi delle innumerevoli fonti scritte, confermò l'ipotesi di Jadrenzev. Nel 1948-49 una spedizione congiunta di archeologi sovietici e mongoli giunse alla conclusione che le rovine scoperte appartenevano alla città di Karakorum. Dagli scavi emersero insediamenti di artigiani specializzati nella produzione di armi e attrezzatura, boccole in bronzo e carri da guerra. Furono ritrovati anche attrezzi da fabbro con decine di forni per la fusione di metalli. A est della città, secondo gli studiosi, si trovavano campi coltivati dotati di un sistema di canali per l'irrigazione. Sono state rinvenute anche statuette egiziane che sono testimoni di un legame commerciale con paesi molto lontani oltre a strumenti agricoli.
Secondo la testimonianza di alcuni celebri viaggiatori europei come Giovanni da Pian del Carpine, Guglielmo di Rubruck e Marco Polo, Karakorum, all'epoca, produceva nel visitatore una straordinaria impressione, soprattutto per via dello stupendo palazzo del Khan e lo straordinario albero d'argento, attorniato di fontane, situato di fronte al palazzo stesso. All'interno dell'albero c'erano quattro tubature che arrivavano fino alla cima. I fori erano rivolti verso il basso e sembrava che ogni getto d'acqua cadesse a mò di serpente dorato. Da uno sgorgava vino, da un altro latte, dal terzo una bevanda al miele e dall'ultimo birra di riso.
Le più grandi opere di costruzione di Karakorum, proclamata capitale dell'impero mongolo, avvennero sotto il Khanato di Ogodei, il terzo figlio di Gengis Khan. Egli ordinò a ciascuno dei suoi figli, fratelli e nobili a lui più vicini di costruire ciascuno uno splendido palazzo. La costruzione della città fu completata nel 1236. Il territorio di Karakorum aveva una forma rettangolare ed era chiusa da una cinta muraria. Presso la grande torre della fortezza si ergeva il magnifico palazzo del Khan.
Il palazzo fu fatto costruire da Ogedei nel 1235. Era situato nella parte sud occidentale della città su una piattaforma alta un metro e mezzo, le cui pareti avevano una lunghezza pari al raggio del percorso di una freccia. Secondo le descrizioni pervenuteci il palazzo aveva sessanta quattro colonne e si estendeva da Nord a Sud, l'aspetto ricordava una nave e i due lati erano interrotti da due file di colonne. L'entrata del palazzo era rivolta a Est, il tetto, a due padiglioni, era ricoperto di tegole verdi e rosse e da molte sculture, metà a forma di dragone e metà a forma di leone.
Nella parte Sud-occidentale della città furono ritrovati i resti del palazzo di Ogodei costruito su uno zoccolo di granito. Nel 1998 durante la visita in Mongolia del cancelliere tedesco Roman Herzog, venne sottoscritto un accordo sugli scavi di Karakorum. Tra il 1999 e il 2003 un piccolo gruppo di studiosi tedeschi dell'istituto archeologico dell'università di Bonn insieme a un gruppi di archeologi mongoli condusse gli scavi di Karakorum. Gran parte degli scavi portarono alla luce le abitazioni degli operai che costruivano il palazzo del Khan e quattro enormi forni per la cottura dei mattoni. Soprattutto vennero ritrovati frammenti di tegole verdi. L'edificio era stato costruito con mattoni molto ben formati e cotti, fu dotato di un sistema di riscaldamento, composto da tubi che passavano sotto i pavimenti e sotto i letti. Furono rinvenuti resti di idoli buddisti risalenti al tredicesimo secolo e pareti dipinte. Trovarono anche sedici dei sessantaquattro basamenti di granito che sostenevano le colonne. Tutti questi ritrovamenti consentirono di determinare le dimensioni del palazzo. Le fondamenta hanno una dimensione di quaranta per quaranta metri e le colonne di legno lo dividevano in sette parti. Negli scritti di Rashid-ad-dina si parla di un enorme palazzo lungo quanto il raggio di lancio di una freccia, vale a dire duecento, trecento metri. Nonostante gran parte delle piastrelle del palazzo siano state riportate alla luce, molte zone non sono ancora state scavate. Teoricamente queste zone dovrebbero custodire una serie di stanze che servivano il grande albero d'argento, le cui acque (che in realtà erano vino, birra, latte e miele) venivano alimentate da una cantina posta nei sotterranei di un palazzo adiacente.
Tra gli oggetti rivenuti dagli scavi troviamo: braccialetti, specchi cinesi, fibbie. Il ritrovamento più famoso fu, però, un sigillo con un testo Uighur, rinvenuto nel 2002. Si tratta di un timbro di ottone molto ben conservato che reca anche un'iscrizione con la data “il secondo anno del regno di Siunguan”. Come testimoniano gli studiosi, Siunguan era il figlio maggiore di Togoontimur, il primo piccolo Khan della Mongolia, che governò dal 1370 al 1378 a Karakorum. Il timbro fu forgiato nel 1371 e apparteneva al capo del dipartimento finanziario, uno dei sei ministri del governo della Mongolia medievale.
Secondo la testimonianza di Guglielmo di Rubruck del 1256: “ nella terra dei mongoli, dove si trova il palazzo di Gengis Khan non c'era nessuna città. L'unica città, Karakorum, era suddivisa in due zone. Una dove si trovava il bazar, sempre affollato di mercanti; un'altra riservata agli artigiani che erano tutti cinesi. All'interno c'erano grandi palazzi che appartenevano ai segretari di corte. Lì c'erano dodici idoli di diversi popoli, due moschee, in cui si predicava la parola di Maometto e una chiesa cristiana ai margini della città. La città è cinta da mura d'argilla e ha quattro porte”. C'erano anche molte case, dove riordinavano i viveri e i tesori”.
Marco Polo nel 1295 scrive:” la città di Karakorum fu la prima a passare sotto il dominio dei Tatari: in quei luoghi ci sono molte pianure, ma nessun villaggio, né città, né palazzo, ma solo pascoli, grandi fiumi e acque a volontà. Attorno a Karakorum c'era una grande altura accanto alla quale sorgeva una grande fortezza, al cui interno si ergeva il bellissimo palazzo del Khan”.
Lo storico persiano Rashid-ad-din scrive: “ Il Khan Ogodei ordinò di costruire all'interno del suo accampamento, dove si viveva in prosperità, un palazzo con fondamenta e colonne molto alte che si addicevano agli alti pensieri di un tale sovrano. Ogni lato del palazzo era lungo quanto il raggio di lancio di una freccia. Al centro eressero una magnifica residenza e la decorarono con dipinti e immagini. Il Khan fece di questa residenza il suo luogo sacro e prediletto. Quindi, ordinò ai suoi fratelli, figli e nobili a lui vicini di costruire altrettante residenze accanto alla sua. Tutti obbedirono e quando le costruzioni furono terminate e si cominciò ad unirle l'una all'altra ci si accorse che erano veramente tante. Ordinò agli artigiani di creare stoviglie d'oro e d'argento a forma di animali come elefanti, tigri, cavalli e altri.
Una delle principali costruzioni della città fu il tempio buddista costruito nel 1256 per volere di Munkhe-Khan. Raggiungeva un'altezza di novanta tre metri e una larghezza di ventidue metri, al piano inferiore su ogni parete c'erano statue di varie divinità. A Karakorum si riunirono le più importanti autorità dell'impero mongolo. Essa era collegata con le principali città dei paesi confinanti, in particolare con Pechino. Sulla via per Pechino c'erano ben trenta sette stazioni di posta, poste a una distanza di venticinque, trenta chilometri l'una dall'altra. Per chi si reca in Mongolia, viaggiando sulla ferrovia transiberiana e trans mongolica è possibile effettuare la visita alla zona dove sorgeva Karakorum mediante un'escursione di due giorni.
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