Il Milione è un'opera saggistico-biografica che narra dei viaggi di Marco Polo.
Al suo ritorno dalla Cina nel 1295, la famiglia Polo si sistemò nuovamente a Venezia, dove attiravano folle di persone con i loro racconti incredibili, tanto che qualcuno ebbe difficoltà a credere che fossero stati davvero nella lontana Cina.
L'animo avventuriero di Marco Polo lo portò fino a partecipare nel 1298 alla Battaglia di Curzola combattuta dalla Repubblica di Genova contro la Repubblica di Venezia, ma venne catturato e tenuto prigioniero per alcuni mesi. In questo periodo dettò in lingua d'oïl a Rustichello da Pisa (anch'egli prigioniero dei genovesi) Le deuisament du monde, un racconto dei suoi viaggi nell'allora sconosciuto Estremo Oriente, poi conosciuto anche come Il Milione .
l titolo Il Milione deriva da un soprannome dell'autore, per aver usato più volte questa parola nel descrivere la quantità di beni amministrata dal Kublai Khan. Del tutto priva di fondamento e prove è la teoria che vuole il titolo postumo del suo libro, Il Milione, derivato da un soprannome di famiglia, "Emilione" (nome di un antenato di Marco Polo), divenuto per aferesi Milione.
In seguito il libro fu rimaneggiato da autori francesi, i quali apportarono delle correzioni personali e modifiche linguistiche sia durante sia dopo il periodo del Rinascimento, aggiungendo icone e qualche pittura miniaturizzata che se da una parte servivano ad abbellire l'opera rendendola più gradevole, dall'altra lo impoverivano sul piano della scoperta facendolo passare per uno scritto denso di fantasticherie e relativo a un mondo inesistente o immaginario.
Solo durante il periodo dell'Illuminismo si tenderà a rivalutare il testo più antico e fedele al vero Milione e a dargli il posto che merita nella storia delle esplorazioni.
La storiografia contemporanea ha molto ridimensionato il personaggio storico di Marco Polo, a causa della praticamente totale assenza di conferme della sua presenza in Cina nei testi cinesi del periodo, fatto tanto più strano se si considera che Polo sostiene di essere stato amministratore di una provincia cinese per circa 3 anni e questo è un fatto che poteva difficilmente passare non registrato dai cronachisti orientali. Questa mancanza di conferme in testi ufficiali, unita ad altre inesattezze o parti fantasiose del testo, pur considerando le manipolazioni posteriori, mettono seriamente in discussione, se non la storicità di Marco Polo, certamente molte notizie narrate nel Milione.
All di là delle leggende, dei sogni, dei miraggi e delle illusioni alimentate in poeti e conquistatori, per secoli, il Milione ha dato all’Occidente l’immagine più vera di un mondo pressoché ignoto: l’Oriente. Grande è il varco che il libro di Messer Marco Polo aprì verso quella civiltà lontana e diversa: scoprendola e rivelandola, per la prima volta, all’Europa. Ed inestimabile rimase l’apporto alle conoscenze geografiche del tempo.
E così favola e realtà si ritrovano in questo trattato geografico dalla struttura composita, in cui la narrazione, risentendo dell’influsso di generi diversi, passa dall’andamento novellistico a quello dell’exemplum, dal racconto agiografico al resoconto storico. Come in una moderna guida turistica - sottolinea Cesare Segre nell’Introduzione all’edizione Meridiani Mondadori - le indicazioni sulla posizione e la conformazione dei paesi si allargano a note sulle produzioni locali, sugli usi caratteristici, su vicende storiche e aneddoti».
A Marco Polo, ambasciatore del Gran Khan, interessa vedere «le tante maravigliose cose del mondo», o più semplicemente «le cose che sono per lo mondo»: «più amava li diversi costumi de le terre sapere che sapere quello perch’egli avea mandato». È, infatti, la curiosità appassionata del viaggiatore veneziano per i costumi, la vita, le tradizioni, le abitudini dei diversi popoli, il suo senso dell’ignoto, la sua sete per il nuovo e l’insolito della realtà, il tratto distintivo e il motivo conduttore di questa semplice e grandiosa guida dell’Asia.
Diversamente da come a lungo è stato letto dalla critica, il Milione non vuole essere un manuale pratico per i commercianti occidentali, un libro di memorie di un mercante destinato ai mercanti. Anche le notizie commerciali - relative ai prezzi di trasporto, ai vari tipi di moneta, alle tasse e alle varie mercanzie - che occorrono qua e là nel testo, appaiono, in realtà, «aspetti di vita». «Per il veneziano – sostiene L. Olschki in L’Asia di Marco Polo (Civelli, Firenze, 1957) – il mondo è tutto uno spettacolo che egli ritrae come può e ricorda, in una grande varietà di stili e in illimitate manifestazioni naturali e umane».
«Sintesi laica e terrena da porsi accanto alle due celebri sintesi in cui in cui si è riassunto il Medioevo teologico e filosofico, la Summa di San Tommaso d’Aquino e la Divina Commedia», è il Milione per Luigi Foscolo Benedetto: l’autore di un’edizione critica rimasta assolutamente fondamentale per lo studio della storia testuale del libro.
Il testo originale di Marco Polo e Rustichello è scomparso, ma bizzarro, irrequieto, instabile e sfuggente, Le Livres de messer Marco Polo è sopravvissuto in innumerevoli redazioni e traduzioni, dove, innumerevole e frantumato, riappare un mondo irrequieto, magico e reale: l’Asia del XIII secolo.
La tradizione manoscritta del testo e le edizioni
Immenso successo riscuote fin da subito il Milione, tanto che già all’inizio del Trecento circola in versioni toscane più o meno fedeli. Testimoni della sua grandissima fortuna sono, oltre alle molteplici redazioni, i ben oltre 130 codici che ci hanno tramandato il testo nelle più diverse lingue: dal latino al francese ai dialetti italiani (in particolar modo il veneto), al catalano, al portoghese, al tedesco, al boemo all’irlandese. E se le redazioni in latino erano ad uso dei missionari e degli scienziati, quelle nelle lingue volgari e nei dialetti avevano come destinatari commercianti e viaggiatori - oltre naturalmente ad attestare la fruizione del Milione anche solo come semplice libro d’evasione.
Tuttavia, proprio la copiosa mole di manoscritti, insieme alla perdita dell’originale redatto in franco-italiano da Rustichello, ha originato problemi di carattere filologico tali che appare pressoché impossibile ricostruire un testo che si avvicini all’originale. La traduzione toscana del Milione - compiuta da un volgarizzatore che spesso cade in errori e fraintendimenti dell’originale franco-italiano - è stata conservata da cinque manoscritti: II II 61; II IV 88; II IV 136 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; Ashburnhamiano 525 della Biblioteca Laurenziana; Ital. 434 della Biblioteca Nazionale di Parigi.
Ebbene, a lungo il Milione è stato letto nella redazione toscana detta dell’«ottimo». «Ottimo» è il nome dato al codice magliabechiano II.IV. 88, che è per l’appunto il più autorevole manoscritto italiano tra le antiche traduzioni toscane. Si tratta di una riduzione, spesso imprecisa, dell’originale di Rustichello - scritta al più tardi nel 1309, quindi posteriore ad esso di pochi anni.
Essendo stata proposta in numerose edizioni si è finito poi per identificare questa versione toscana con l’opera composta realmente da Marco Polo e Rustichello.
In seguito, tuttavia, fondamentale è stata la ricostruzione di Luigi Foscolo Benedetto, che ha invece basato la sua edizione critica (Il Milione, prima edizione integrale a cura di Luigi Foscolo Benedetto, Firenze, 1928) sul manoscritto 1116 della Biblioteca Nazionale di Parigi, nettamente franco-italiano: Le Divisament dou monde. Al testo prescelto ha unito in apparato i passi mancanti in tale manoscritto, lasciandoli nella forma con cui sono pervenuti fino a noi (francese, toscana, veneta, latina). Quindi, ha tentato l’unificazione linguistica e stilistica di tutto il materiale raccolto, traducendolo in prosa moderna italiana (Il libro di Messer Marco Polo Cittadino di Venezia detto il Milione, dove si raccontano le Meraviglie del Mondo, Milano-Roma, 1932).
A partire dagli importanti contributi di Luigi Foscolo Benedetto, gli studi filologici, più o meno recenti, hanno così stabilito che tre sono i manoscritti più vicini all’archetipo: una traduzione latina, purtroppo tarda e mutila ma che contiene passi assenti negli altri due; il codice francese 1116 della Nazionale di Parigi, in assoluto il migliore; ed infine la redazione trecentesca toscana che stata stabilita da V. Bertolucci Pizzorusso.
La Bertolucci Pizzorusso nella sua edizione critica - la prima della versione toscana e sicuramente la più attendibile di tutte le altre precedenti edizioni - ha ribaltato la scelta tradizionale, dimostrando che più che emendare il cosiddetto «ottimo» con l’aiuto degli altri manoscritti, occorreva innanzi tutto optare per l’inedito II IV 136, confrontandolo poi, naturalmente, con gli altri codici.
Quest’edizione critica pubblicata da Adelphi (Milano, 1975) è stata ristampata anche nell’edizione a cura di A. Lanza e con Introduzione di Giorgio Manganelli (Ed. Riuniti, Roma 1980), e nell’edizione della collana «I Meridiani» di Mondadori, assieme alla redazione franco-italiana (Milione. Le Divisament dou monde, a cura di G. Ronchi e con Introduzione di C. Segre, Mondadori, Milano 1982).
In realtà Marco Polo, sebbene dichiari che «le cose vedute dirà di veduta e•ll’altre per udita», non sempre descrive paesi che ha davvero visto: non visitò mai né il Giappone né il Tibet.
|