L'imperatore per eccellenza di Samarcanda è Tamerlano, che ha ridato un volto nuovo alla città sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista architettonico.
Nato a Samarcanda nel 1336, Tamerlano visse per quasi settant'anni, affermandosi come il conquistatore più feroce che la storia umana ricordi: il suo esercito devastò l'Asia dalla Siria e dalla Turchia, fino ai confini della Cina, da Mosca a Delhi. Un profilo storico di questo personaggio fornirà una chiara idea delle sue imprese e della sua opera.
Innanzitutto Tamerlano è il nome occidentalizzato di Timur-i lang, ossia Timur "lo zoppo" (Kesh, Shahr-i Sabz, 1336 - Otrar 1405). Fu il fondatore della dinastia timuride, che governò in Asia Centrale e nella Persia orientale tra il 1370 e il 1507. Tamerlano proveniva dalla tribù turco-mongola dei Barlas stanziale in quella regione. Messosi a capo di questo clan dopo essersi liberato del suo capo Hajji Barlas, egli sconfisse negli anni '60 del 1300 il casato chinggiskhanide dei Chagatay, allora al governo in Transoxiana sotto il governo di Khwaja Ilyas, costringendo quest'ultimo ad abbandonare la regione nel 1364.
In questa fase della sua ascesa, Tamerlano si attribuì anch'egli discendenze mongole, grazie al matrimonio con una principessa di stirpe mongola, e si proclamò unico sovrano di Transoxiana, erede e continuatore di Gengis khan. Divenne definitivamente capo dell'ulus (mongolo per "dominio") dei Chagatay, dopo il Kuriltay (mongolo per "assemblea") che si tenne a Balkh (od. Afghanistan) nel 1370. In esso Tamerlano si sbarazzò del rivale Amir Husayn — col quale aveva peraltro compiuto le sue prime operazioni militari per crearsi un proprio dominio — e avviò da quel momento la costruzione del proprio impero, sconfiggendo in un primo tempo i vicini Stati del Moghulistan (regione della Semirecye) e della Khwarazm. Nel Kuriltay del 1370 Tamerlano acquisì anche il titolo di Amir Gurkhan (Comandante universale), già usato in passato dalla dinastia protomongola dei Qara Khitai. Esauritasi la prima espansione e stabilita definitivamente la propria capitale a Samarcanda, Tamerlano aveva iniziato la conquista della Persia e, facendo leva sulle divisioni tra centro dell'Impero e periferia (Mesopotamia, Armenia, Georgia), ne decimò la popolazione e ne mise a ferro e fuoco alcune tra le più nobili e antiche città, conducendovi spaventose stragi (piramidi di teste elevate all'entrata delle città che avevano voluto resistergli) e spogliandole delle loro ricchezze e dei loro tesori per abbellire la sua capitale, Samarcanda.
È in questa fase che egli iniziò la sua relazione col suo rivale forse più temibile: Toqtamish Khan, signore dell'Orda d'Oro (dinastia mongola discendente da Chinggis Khan tramite il ramo del primogenito Jöchi), che sembra essersi servito inizialmente di Timur per consolidare il proprio potere ai danni del clan rivale dell'Orda Bianca, allora governato da Urus Khan.
Nel 1381 Tamerlano iniziò l'invasione dell'Iran, cominciando dalla regione orientale del Khorasan e in particolare dalla città di Herat, allora governata dalla dinastia dei Kartidi. L'espansione in Iran continuò ai danni della cosiddetta "repubblica" locale dei Sarbedar (pers. lett. "pendagli da forca"), stanziata nella città di Bayhaq. A differenza di quanto si è spesso affermato, i Sarbedar si dichiararono suoi vassalli, e forse fu in questa occasione che egli ebbe l'opportunità di incontrare Khwaja Ali, personalità sciita di grande importanza che avrebbe avuto una certa influenza su di lui e avrebbe favorito in seguito i Safavidi a proclamare una propria discendenza da Tamerlano stesso.
La conquista dell'Iran continuò con l'aggressione all'Azerbaijan, allora dominato dal sovrano Sultan Ahmad, della dinastia dei Gialairidi. Fu in questa fase che i suoi piani entrarono in conflitto con quelli di Toqtamish. Anch'egli, attratto dalla prospettiva di conquistare l'Azerbaijan, attaccò nel 1386 Tabriz che ne era la capitale ma ciò scatenò una delle tre campagne che Tamerlano compì contro il rivale. In questa campagna Tamerlano distrusse il regno della Georgia, catturando il sovrano Bagrat V e penetrando poi ulteriormente nel Caucaso. Nel 1387, Tamerlano poté finalmente attaccare l'Iran centrale, forse l'oggetto principale delle sue conquiste in terra persiana. Qui governava la dinastia dei Muzaffaridi che non riuscì a contrastare l'azione del sovrano ciagataico. Se la presa di Isfahan nel 1387 non vide la resistenza degli abitanti della città, il massacro che seguì fu determinato dal rifiuto della popolazione locale di pagare tributo o forse anche dall'uccisione di alcuni soldati della guardia. Alcune fonti ricordano le orribili torri di teste ammassate nella città a seguito dell'immane strage della popolazione (ca. 100.000 morti). La città di Shiraz fu conquistata con minor violenza. Qui, dopo aver insediato un governatore fantoccio, Tamerlano mise fine alla campagna persiana per ritornare a Samarcanda, dove lo aspettava un ennesimo attacco di Toqtamish. Costui fu pertanto inseguito fino alla Siberia ma Tamerlano, ancora una volta, non riuscì a catturarlo e tornò a Samarcanda dove nel 1390 convocò nuovamente un grande Kuriltay.
Gli anni che vanno da quell'evento al 1395 sono caratterizzati da una campagna di assestamento dei domini dell'Iran settentrionale (c.d. campagna dei 5 anni), in cui Tamerlano conquistò le regioni del Gurgan e del Mazanderan e, infine, sottomessa la Mesopotamia e distrutta Baghdad, egli si volse verso occidente, intromettendosi nel conflitto tra le due confederazioni rivali turcomanne degli Aq Qoyunlu ("quelli del Montone bianco") e dei Qara Qoyunlu ("quelli del Montone nero"). Ancora una volta però la minaccia di Toqtamish lo obbligò a compiere una lunga campagna – l'ultima – nelle steppe dell'Asia centrale e della Russia meridionale. Sebbene non abbia mai raggiunto Mosca, come spesso si è detto, questa campagna gli permise di liberarsi del rivale e di distruggere la sua capitale Saray. In questa circostanza Tamerlano raggiunse Caffa e sembrerebbe abbia incontrato dei Genovesi alle porte della città. Ritornato in patria, a Samarcanda, intraprese alla fine del Trecento, una serie di campagne che rimarranno memorabili per la facilità con la quale queste furono realizzate e per gli orrendi massacri che egli vi compì.
Nel 1398-1399 fu la volta dell'India, dove il sultanato di Delhi, saccheggiato e distrutto, non si sarebbe risollevato per più di un secolo. Toccò quindi alla Siria, dove i Mamelucchi non poterono impedire la devastazione di Aleppo e di Damasco (1400-1401), i cui artigiani furono deportati a Samarcanda, e alla Mesopotamia, dove Tamerlano ridusse in rovine Bagdad (1401). L'ultima grande campagna fu condotta contro gli Ottomani, i rivali più temuti dal condottiero tartaro. Dopo aver svernato in Georgia, Tamerlano affrontò e sconfisse il sultano Bayazid I presso Ancira (Ankara) [1402] e, fattolo prigioniero, avanzò fino a Smirne, distruggendovi la locale guarnigione dei cavalieri di Rodi (1402). Tornato a Samarcanda, vi ricevette ambascerie del re di Castiglia, del sultano d'Egitto e dell'imperatore di Bisanzio; alla fine del 1404 intraprese una spedizione contro la Cina, ma la morte lo colse nel febbraio seguente mentre attraversava il Turchestan.
La figura di Tamerlano ha avuto sicuramente un successo straordinario sia nelle letterature orientali sia in quelle occidentali. In Europa la fama del conquistatore asiatico si era già diffusa, soprattutto dopo la battaglia di Angora, essa favorendo la nascita di una vera e propria tradizione letteraria in cui il personaggio assunse tratti titanici, finendo anche con l'influenzare la costruzione di opere come Il Principe di Niccolò Machiavelli.
Condottiero energico e risoluto, ma politicamente inetto, non seppe organizzare l'impero conquistato. Ebbe carattere scostante e contraddittorio: colto e amante delle arti, fu splendido mecenate, ma al tempo stesso fu artefice, oltre che di disumani massacri, di indiscriminate distruzioni.
Musulmano devoto, campione dell'ortodossia sunnita, fu tuttavia uno dei peggiori flagelli per il mondo islamico, che contribuì a mettere in crisi e a indebolire. La sua morte rallegrò molti, e fra questi lo storico arabo Ibn Arabshah, che gli dedicò il seguente epitaffio: "Egli passò nella maledizione di Dio, e fu precipitato nei più crudeli e più raffinati tormenti dell'inferno [...]. Dio onnipossente, per la sua misericordia, liberò gli uomini da questa crudele schiavitù, e levò via dal mondo l'ultimo dei tiranni". Fondatore di uno dei più vasti imperi del mondo, non si preoccupò in nessun momento dell'amministrazione delle sue conquiste, limitandosi a sfruttarle per i bisogni della guerra. Ciò spiega come, con il venir meno della sua forte personalità, unico fattore coesivo di domini tanto distanti tra loro e privi di tradizioni culturali unitarie, la sua costruzione andasse rapidamente disgregandosi senza lasciare durevole traccia. Tamerlano è passato alla storia per la ferocia, le devastazioni ed i massacri che accompagnavano le sue imprese: aspetti che hanno inevitabilmente relegato in secondo piano l'atteggiamento da illuminato mecenate che egli ebbe nei confronti degli artisti e degli intellettuali del suo tempo e che risultò fattore determinante per lo sviluppo artistico e culturale di Samarcanda
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