ANNA ANDREEVNA ACHMATOVA
Il mondo dellAchmatova è angusto come una striscia
di luce penetrata in una stanza buia.
E più angusto di un coltello.
In esso è la sera. Il risveglio, il distacco.
E un mondo captato per via di punture.
Allo stesso modo punge il cielo il telescopio, trascegliendone le
stelle e privando il mondo della sua vastità. (Victor klovskij)
VITA
Anna
Achmatova nacque nel giugno 1889 vicino a Odessa si chiamava Anna
Andreevna Gorenko. A un anno fu portata a Carsoe Selo. Imparò
a leggere sui libri di Tolstoj, a cinque anni parlava perfettamente
il francese, a undici scrisse la sua prima poesia. Altre ne scrisse,
mentre frequentava, piuttosto malvolentieri, il liceo femminile.
Quando però manifestò lintenzione di pubblicarle,
il padre, ingegnere navale, le suggerì di scegliersi uno
pseudonimo, per non offrire lonorato nome di famiglia alla
curiosità dei giornali.
«Anna era una bella donna alta, magra, con lunghe gambe, lunghe
braccia sottili, un viso illuminato da occhi sensibili e acuti,
un naso aquilino che affascinò i suoi ritrattisti, da Modigliani
ad Altam, era limmagine della femminilità, affascinante,
dominante, misteriosa...» Così è stata descritta
una donna eccezionale: un poeta russo, oggi noto in tutto il mondo. Poeta, al maschile, perché non amava essere chiamata poetessa:
le sembrava che limitasse il campo dei sensi e di sapere che la
ispiravano. Ci teneva a porre laccento con precisa civetteria
che tra i suoi antenati vi era il favoloso Gengis Khan che aveva
sconfitto i cinesi e distrutto i regni musulmani dellAsia
anteriore.
Detto e fatto, Anna Andreeva Gorenko diventa Anna Achmatova.
Nel 1905 i genitori divorziano e lei segue la madre a Evpatorija
dove termina il liceo, e poi a Kiev dove si iscrive alla facoltà
di giurisprudenza. Trascura però le materie giuridiche per
scrivere poesie. Cinque anni dopo, cioè nel 1910 decide di
sposare Nikolaj Stepanovic Gumilëv, affermato poeta, che lama
da tre anni e per lei ha perfino tentato il suicidio. Vanno in viaggio
di nozze a Parigi frequentando ambienti ricchi di nomi, di idee,
di fatti. Tra gli altri personaggi di spicco, conosce Amedeo Modigliani.
Dopo la luna di miele gli sposi si stabiliscono a Pietroburgo, dove
frequenta dei corsi storico letterari. Lo stesso anno torna a Parigi
e la sua amicizia con Modigliani si consolida: passano lunghe ore
sulle panchine del Lussemburgo, a leggere e a recitare a due voci
i poeti francesi: Verlaine, Laforgue, Mallarmé, Baudelaire,
felici di amare le stesse poesie. Modigliani si rammarica di non
poter leggere le poesie della Achmatova, ma non le chiese mai di
posare per un ritratto, esegue a memoria sedici disegni che la ritraggono
in varie pose e glieli manda in Russia, ma purtroppo vanno perduti
durante la rivoluzione, salvo uno che Anna tiene carissimo.
Nel
1911 Gumilëv fonda la Corporazione dei poeti da cui ebbe origine
il movimento acmeista, dal greco akmé, che significa vertice.
Il movimento si propone di reagire alloscurità e allevanescenza
del simbolismo imperante, favorendo unarte chiara e intensa
che raggiunge, appunto, lacme dellespressione poetica.
Al nuovo movimento aderiscono subito lAchmatova e lamico
Osip Mandelstam. Lanno dopo Anna Andreevna pubblica
il suo primo libro di poesie: La sera; un critico giudica questa
pubblicazione «un avvenimento nella poesia russa».
Anna è nella attesa di un figlio quando compie col marito
un viaggio in Italia: Genova, Padova, Venezia, Bologna, Pisa, Firenze.
Gumilëv visita da solo Roma e Napoli perché la moglie
non si stancasse troppo. Il figlio, Lev Nikolaievic, nasce il 1°
ottobre 1912. Due anni dopo lAchmatova dà alle stampe
il suo secondo libro: Rosario. Le composizioni di Rosario, come
quelle de La sera sono delle brevi miniature psicologiche di solito
imperniate su aspetti dimessi e quotidiani dellamore.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il Cech Poetov chiude i
battenti, e quasi subito il matrimonio dei Gumilëv comincia
ad incrinarsi. Nikolaj Stepanovic parte per il fronte e Anna si
ammala di tubercolosi. La crisi matrimoniale, la malattia sono certamente
la causa del velo di tristezza che compare nei versi scritti in
quel periodo dallAchmatova. Inizia così una sua poesia
del 1917: «Non ora vorrà ascoltare canzoni/i giorni
presagiti sono giunti».
Alla guerra si aggiunge la rivoluzione, vivere diventa sempre più
difficile. Anna vive quel tempo tra Carskoe Selo, Pietrogrado, Slepnevo
scrivendo dolorose poesie damore che sono il controcanto ai
tragici avvenimenti di quegli anni: nel 1917 pubblica Lo stormo
bianco. Intanto Gumilëv combatte tutta la guerra, è
decorato due volte per atti di valore, invia ai giornali corrispondenze
di guerra. Tornato in patria si butterà a capofitto nella
lotta rivoluzionaria proclamandosi cristiano e monarchico.
Il rapporto
tra i due coniugi ormai irrimediabilmente compromesso culmina nel
divorzio ratificato nel 1918, il figlio Lev è affidato alla
nonna materna a Slepnevo: Anna lascia definitivamente la casa di
Carsoe Selo e si trasferisce a Mosca col famoso orientalista Silejko,
che diventerà il suo secondo marito.
Nel 1921 Gumilëv accusato di aver sobillato, con un complotto,
la rivolta dei marinai a Kronstad è condannato a morte e
fucilato per ordine di Lenin.
Nello stesso anno lAchmatova
pubblica Piantaggine, la sua più breve raccolta di poesie:
solo trentotto. La sua poesia piace anche quando parla di pene damore,
di moti dellanima: la sua voce ha un timbro umano e popolare
in cui i lettori trovano leco dei loro sentimenti e delle
loro sventure. Quando esce il suo quinto libro Anno Domini MCMXXI Anna è già celebre in tutta Europa; in Italia sono
state pubblicate poesie sue su riviste importanti. Poi... col nuovo
regime cala su di lei, un velo di silenzio.
Dalla seconda metà degli anni Venti fino al 1940 il Partito cerca di murarla viva nella
sua casa di Leningrado, un minuscolo appartamento. Non ha il coraggio
di imprigionarla e di deportarla, ma la tiene docchio continuamente,
creandole il vuoto intorno e sottoponendola a continui ricatti,
colpendola negli affetti più cari. Imprigionano, il suo secondo
marito, che morirà in un campo di concentramento. Per vivere
deve impiegarsi come bibliotecaria presso listituto di Agronomia,
cosa che le da diritto ad un po di legna da bruciare.
Anna
Achmatova passa molti mesi a correre da un carcere allaltro,
in fila con molte altre madri e spose che attendono pazientemente
di poter consegnare un pacco di viveri o di indumenti ai propri
congiunti incarcerati. Perché cè un solo modo
per aver notizie dei prigionieri: se la guardia allo sportello del
carcere accetta il pacco è segno che il destinatario è
ancora vivo, se lo rifiuta vuol dire che sicuramente era morto.
Anna
non era più la bella donna di un tempo, ma ci fu chi la riconobbe:
«Siete voi Anna Achmatova, il poeta?». Al suo cenno
di assenso, una donna dalle labbra bluastre che sta dietro di lei
e che certamente non ha mai udito il suo nome, si ridesta dal torpore
e le sussurra: «Siete poeta? Allora potreste descrivere tutto
questo?». Lei risponde: «Sì, posso». E
allora una specie di sorriso scivola lungo quello che una volta
era stato il volto della donna. Logorata dallansia per la
sorte del figlio, condannato a morte, Lev vedrà commutata
la pena nellesilio, scriverà Requiem e vi apporrà
questa dedica: A quelle che furono le compagne del mio stesso strazio.
Naturalmente Requiem non è pubblicato, troppo evidenti sono
i riferimenti al terrore staliniano: è il più grande
atto di accusa di un popolo contro la tirannia. Il poeta dei dolci
amori sfortunati era diventato il poeta di una grande tragedia nazionale.
Ci fu un momento in cui lAkmatova scrisse parole disperate:
Bisogna uccidere fino in fondo la memoria
bisogna che lanima si purifichi
bisogna di nuovo imparare a vivere.
Ma il Poema senza eroe che cominciò a scrivere nel 1940 è
proprio la dimostrazione che il poeta non aveva ucciso la memoria,
che la sua anima non si era impietrita in conseguenza delle tragiche
violenze vissute.
Continuò a salire il suo calvario. Condannata dal Comitato
Centrale del Partito come poeta decadente, ignorata dalle riviste
e dalle case editrici, colpita negli affetti più cari, Anna
era civilmente morta. Fu riportata in vita allo scoppio
della seconda guerra mondiale, quando Stalin decise, per rafforzare
il regime, di ricorrere a tutti i valori nazionali e patriottici:
tra questi vi era ancora lAkmatova: i suoi versi non erano
stati dimenticati, le sue poesie passavano da una mano allaltra
in copie manoscritte. Le fu chiesto di dare il suo contributo alla
grande guerra patriottica e lei scrisse versi dignitosi ed eleganti;
parlò da radio Leningrado, mentre la città era stretta
dassedio durante quei tragici 999 giorni, e lanciò
un messaggio alle donne.
Nel 1941 il regime la mise in salvo, così come metteva in
salvo i capolavori dellErmitage e i libri rari delle biblioteche.
Fu portata in aereo a Mosca e poi a Taskent: nessuno le aveva comunicato
che il figlio si era offerto volontario ed era stato mandato al
fronte.
Nel 1944 Anna Akmatova torna a Mosca, ma durante il breve soggiorno
è invitata a prender parte a una serata di poesia, riportando
un enorme successo personale che risulterà sgradito al dittatore.
Per di più si incontrerà con un diplomatico Ishaia
Berlin, addetto culturale allambasciata inglese. Ce nera
abbastanza per cadere ancora una volta in disgrazia. Il povero Lev
venne di nuovo imprigionato, le riviste su cui Anna aveva potuto
pubblicare qualche poesia furono soppresse.
I primi cenni del disgelo cominciarono a verificarsi soltanto negli
anni Cinquanta: Anna venne riabilitata, poesie sue cominciarono
a comparire su alcune riviste. Nel 56, tre anni dopo la morte
di Stalin, Lev Nikolaevic venne finalmente scarcerato. Più tardi Anna ebbe il permesso di tornare in Italia: Roma, Taormina,
Catania; qui ebbe il premio Etna-Taormina. Non era ancora la libertà:
Requiem e Poema senza eroe restavano sempre inediti. Ma poté
recarsi in Inghilterra a ricevere la laurea honoris causa allUniversità di Oxford.
A Leningrado viveva in un appartamentino in via della Cavalleria
Rossa, leggeva i libri più amati: Shakespeare, Byron, Leopardi
e naturalmente lamatissimo Puskin cui aveva dedicato diversi
saggi in prosa. Andava di tanto in tanto a riposare in una dacia
a Komarovo sulla costa settentrionale del Golfo di Finlandia, era
circondata da alcuni amici fedeli, riceveva visite di giovani poeti
che desideravano leggerle le loro composizioni, per averne un giudizio,
riceveva molte lettere dallestero.
Continuava a rifinire Poema senza eroe cui lavorava da ventidue
anni e a cui aveva posto questa introduzione: Dal 1940 come
da una torre guardo tutto. Come se di nuovo dicessi addio a coloro
cui da tanto tempo ho detto addio. Come se fattami il segno della
croce, scendessi sotto oscure volte. Il poema era infatti
dedicato alla memoria di coloro che per primi avevano ascoltato
la sua voce, gli amici e i concittadini morti a Leningrado durante
il terribile assedio.
Furono anni abbastanza tranquilli. Ma nel 66 i disturbi che
lavevano sempre un po tormentata divennero più
gravi. Fu ricoverata nellospedale Botkin di Mosca. Si spense
a Domodedovo, presso Mosca, il 5 marzo 1966.
Di lei disse efficacemente alla sua morte un critico francese: La
morte nella poesia dellAkmatova è talmente legata alla
vita che ne diviene elemento familiare, così che è
difficile stabilire fra loro una frontiera. Il mondo interiore della
poetessa è popolato di morti e di vivi mescolati tra loro
ai quali ella si rivolge indifferentemente. Ella chiama i morti
ed essi consentono a venire. Essi sono là accanto
a lei: ella intende il loro cuore segreto e parla come se essi fossero
in questo mondo, forse anche meglio perché essi sono diventati
più prossimi, più definitivamente presenti.
Soltanto undici anni dopo la sua morte, i suoi connazionali poterono
leggere Requiem e Poema senza eroe in una rivista sovietica. Nel
centenario della sua nascita, lUnesco dette il suo nome ad
un asteroide.
OPERE
Akmatova dovette confrontarsi con una realtà che cercò
in ogni modo di soffocare i suoi slanci poetici. La sua evoluzione
letteraria corrispose ad una maturazione personale e ad una consapevolezza
sempre maggiore di quanta forza la sua poesia, così essenziale,
ma per questo così vibrante, potesse trasmettere ad un popolo,
annullato da un'ideologia disumanizzante. La lirica giovanile è
dominata da una dimensione intima e familiare, dalla quale è
esclusa la realtà esterna, che irrompe quando Akmatova si
confronta con la persecuzione staliniana. Inizialmente ha successo,
poiché rappresenta valori accettati; rifacendosi ai principi
di chiarezza e concisione dell'acmeismo, riporta la poesia alla
quotidianità, alla concretezza, senza sacrificare la musicalità
del verso:
«La porta è socchiusa,
dolce respiro dei tigli...
Sul tavolo dimenticati
Un frustino ed un guanto.»
(Da La porta è socchiusa,1911)
Comunica profonde sensazioni attraverso un linguaggio che non abusa
della parola, ma la esalta, grazie alle allusioni e ai rimandi.
La capacità di descrivere la complessità del sentire
umano, con un verso ed una parola essenziali, si ripresenta nell'opera
della Akmatova matura, contraddistinta da una profonda riflessività,
che analizza i fatti che sconvolgono la Russia, a partire dalla
guerra:
«Invecchiammo di cent'anni, e accadde
Nel corso di un'ora sola:
la breve estate volgeva alla fine,
fumava il corpo delle piante arate.
«Di colpo la quieta vita si animò,
volò un pianto, col suo suono argenteo...
coprendo il volto, io supplicavo Dio
di annientarmi prima del primo scontro.
«Dalla memoria, come un peso vano,
dileguò l'ombra di canti e passioni.
Già deserta, l'Altissimo le impose
Di farsi libro orrendo che annuncia l'uragano.»
(Da In memoria del 19 luglio 1914, 1916)
Con l'avvento del comunismo, sente di appartenere ad un mondo scomparso,
che la rivoluzione ha abbattuto:
«Una spossatezza crudele travolge
Il giorno e la notte in un cerchio di sangue...»
(Da Pietrogrado 1919)
Nel 1920, non potendo pubblicare le sue poesie, trova lavoro come
bibliotecaria; nel 1921, il suo ex marito viene arrestato e fucilato.
Da questa esperienza nascono le poesie di Anno Domini MCMXXI:
«L'autunno macchiato di lacrime, come una vedova
In nere gramaglie, oscura ogni cuore...
Ricordando la voce del marito,
singhiozza disperata.
E così sarà, finché la quietissima neve
Non avrà pietà della sofferente ed esausta...
Oblio del dolore e oblio della felicità:
rinunciare per questo alla vita non è piccola cosa.
(Da 15 settembre 1921)
Akmatova attribuisce allo scrittore il compito di essere voce e
coscienza della Nazione:
«Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato,
il riflesso del vostro volto,
i vani palpiti di vane ali...
fa lo stesso, sino alla fine io sto con voi.»
(Da A Molti, 1922)
Interpreta la rivoluzione come castigo per il peccato e offre la
sua poesia come preghiera di espiazione:
«Dammi amari anni di pianto,
la malattia, l'insonnia, l'affanno.
Portami via il figlio e l'amante
E il misterioso dono del canto.
Così prego durante la tua messa
Dopo tanti giorni penosi,
affinché la nebbia sulla Russia oscurata
sia fugata da una raggiera brillante di luce.»
(Da Preghiera, maggio 1915, Pentecoste)
Nel
1938, il figlio è rinchiuso e torturato nelle prigioni di
Leningrado; assieme alle altre vittime della repressione staliniana,
Akmatova si reca al carcere, per avere sue notizie:
«[...] ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri
di Leningrado. Una volta qualcuno "mi riconobbe". Allora
una donna dalle labbra livide che stava dietro di me e che, sicuramente,
non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era
caratteristico di noi tutti e mi domandò in un orecchio (lì
tutti parlavano sussurrando):
- Ma questo lei può descriverlo?
E io dissi: - Posso.
Allora una sorta di sorriso scivolò lungo quello che un tempo
era stato il suo volto.»
(Prefazione a Requiem, 1957)
Diviene "la bocca straziata con cui un popolo di cento milioni
grida": la nostalgia del passato lascia posto alla descrizione
degli orrori, vissuti da un popolo, e da lei condivisi:
«No, non sotto un cielo straniero,
non al riparo di ali straniere,
io ero allora col mio popolo
là dove, per sventura, il mio popolo era.»
(Epigrafe per Requiem, 1961)
Durante la seconda Guerra mondiale, prende parte alla difesa di
Leningrado:
«Sappiamo ciò che sta oggi sulla bilancia,
ciò che oggi si compie.
Sul nostro orologio suonò l'ora del coraggio,
e il coraggio non ci abbandonerà.»
(Da Il coraggio, 1942)
Nel 1945, riceve il segretario dell'ambasciata britannica, rendendosi
ancora più invisa a Stalin. Nel 1946, è espulsa dall'Unione
degli scrittori, poiché
"residuato della vecchia cultura aristocratica... ora monaca,
ora sgualdrina o, piuttosto, insieme monaca e sgualdrina in cui
la dissolutezza si mescola alla preghiera" (Pravda, 21 settembre
1946). Privata della tessera alimentare; costretta a vivere del
cibo che gli amici le passano; il figlio non può laurearsi
e, nel 1949, è nuovamente arrestato, torturato, poi condannato
a dieci anni di internamento in un campo di lavoro. Disperata, compone
una poesia per Stalin (in seguito, vuole sia tolta dalle sue opere),
sperando di ottenerne la liberazione, avvenuta solo tre anni dopo
la morte di Stalin. La sua indipendenza spirituale mal si combina
con il servilismo e l'acquiescenza, richiesti dal regime:
«Da che rovine parlo,
da che baratro grido?
Vivo nella calce non spenta,
sotto volte di fetide cantine.
Chiamino pure muto l'inverno,
sbattano in eterno le eterne porte:
udranno sempre la mia voce,
sempre ancora le daranno ascolto.»
(Da Leningrado, 1959)
Akmatova fuse la sua drammatica storia personale con quella del
popolo russo, che amava, divenendo la voce cosciente di una tragedia
inaudita.
ACHMATOVA E SAN PIETROBURGO
Museo
di Anna Achmatova
Unala dellincantevole Palazzo Sheremetyev (1750-55)
ospita questo affascinante museo letterario. La più famosa
poetessa russa del Novecento visse per circa 30 anni in questo appartamento
al secondo piano, che apparteneva al suo convivente Nikolai Punin.
Qui sono conservati vari oggetti appartenuti alla poetessa e il
suo carteggio con altri scrittori, tra cui Boris Pasternak. E
una visita interessante, anche perché offre lopportunità
di vedere linterno di un appartamento (per quanto atipico)
della prima metà del XX secolo, con tanto di arredi
la cucina è particolarmente interessante. Nellappartamento
regna unatmosfera tranquilla e meditativa. Al piano inferiore
cè una libreria con una sala video dove potrete sorseggiare
un tè o un caffé guardando dei documentari in russo
(qualcuno in inglese) sulla vita dellAkmatova e dei suoi contemporanei.
La libreria vende anche audiocassette con le registrazioni di opere
dellAkmatova lette da famosi attori russi. A Tsarskoe Selo
(oggi Puskin) cè un secondo museo dedicato alla poetessa.
Liteyny pr 53
10-17.30 da martedì a domenica
Metro Mayakovkskaya
ACHMATOVA E LITALIA
Traduttrice di Leopardi
Akmatova era stata in Italia durante il suo viaggio di nozze con
il poeta Gumilev e in seguito, nel 1964, per ricevere il Premio
Taormina di poesia. Il lavoro di traduzione della lirica leopardiana
si svolgeva sulla lettura diretta del testo (l'Akmatova possedeva
una buona conoscenza dell'italiano) e il sussidio di una buona traduzione
in francese, senza il ricorso a precedenti traduzioni in russo.
BIBLIOGRAFIA
In italiano
Ballardini E., Campagna A., Colombo D., Obuchova O., La Pietroburgo
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1989, Edizioni dellorso, Alessandria, 1992.
Dodero M. L., Anna Andreevna Akhmatova: la memoria e il tempo, La
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In russo
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Kralin M. M., Ob Anne Achmatovoj: stichi, esse, vospominanija, pisma,
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Pavlovskij A. I., Anna Akhmatova: ocerk tvorcestva, Lenizdat, Leningrad,
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In lingua straniera
Patera T., A concordance to the poetry of Anna Akhmatova, Ardis,
Dana Point, 1995.
Rosslyn W., The speech of unknown eyes: Akhmatovas readers on her
poetry, Astra press, Nottingham.
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