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FIODOR MIKHAILOVICH DOSTOEVSKIJFIODOR MIKHAILOVICH DOSTOEVSKIJ

Dostoevski è romanziere moderno, contemporaneo e la sua opera esercita un fascino permanente.
Psicologo delle profondità del mistero umano, egli scava dentro il nostro male d'anima, racconta la nostra difficoltà di essere liberi e di dover sempre scegliere: la libertà è un peso tremendo da portare. Nonostante tutto non è mai pessimista e conserva la sua fede nell'uomo la cui esistenza è una continua lotta, un alternarsi di cadute e resurrezioni, tanto che a volte sembra precipitare nell'abisso senza possibilità di risalire. Ma anche allora - come Aljocha Karamazov - il cuore intravede "una strada di cristallo". E in fondo c'è il sole.

 

VITA

Fedor Michajlovic DostoevskijFedor Michajlovic Dostoevskij nacque a Mosca il 30 ottobre 1821, secondo di sette figli, da Michajl Andreevic, medico di origine lituana che ha ottenuto un posto e un alloggio presso l'ospedale dei poverini, uno dei quartieri più squallidi della città, e Marija Fedorovna Necaeva, proveniente da una famiglia di commercianti. L'atmosfera in casa Dostoevskij è opprimente e i bambini hanno un'infanzia infelice, nonostante il carattere semplice e allegro della madre che ama la musica e legge Puskin e Zukovskij.
È la madre che insegna a leggere al piccolo Fedor: la Bibbia ma soprattutto il libro di Giobbe sono le sue letture preferite.
Nel 1831 il padre decide di trasferirsi con la famiglia nel villaggio di Darovoe, in provincia di Tula, dove ha comprato un terreno di circa un centinaio di anime. Nel 1834 Fedor lascia la casa per seguire il fratello maggiore e completare gli studi. Nel 1837 muore la madre affetta da una tisi ingravescente e indebolita dalle numerose gravidanze: la famiglia si disgrega completamente.
Fedor, su insistenza del padre fa domanda d'ammissione alla Scuola Superiore di Ingegneria di Pietroburgo, dove dal 1838 al 1843 studia, lottando in segreto per difendere la propria vocazione letteraria; legge avidamente, non prova alcuna inclinazione per l'ingegneria militare (ma è attirato dall'architettura e gli rimarrà per sempre il gusto per gli edifici, gli interni, la loro fisionomia, il loro carattere).
Nel 1839 muore misteriosamente il padre, forse ucciso dai suoi contadini che era solito maltrattare sotto i fumi dell'alcool. Si dice che dopo aver ricevuto la notizia, Fedor ebbe il suo primo attacco di epilessia, malattia che si presenterà più volte nel corso della sua vita.
Il 12 agosto 1843 Fedor termina gli studi ed ottiene il diploma, il grado di ufficiale e un modesto impiego come cartografo in un distaccamento di Pietroburgo. Comincia in questo periodo la sua passione per il gioco: pur nelle situazioni più disperate è capace di giocare e perdere migliaia di rubli, dannandosi l'esistenza per far fronte ai debiti, alle cambiali e agli usurai.
Nel 1844, destinato a una missione in una lontana fortezza, preferisce ritirarsi dal servizio presso il comando d'Ingegneria militare. A 23 anni è così scrittore a tempo pieno.
Nel gennaio 1846 esce il suo primo racconto Povera gente: il manoscritto, prima di essere stampato, era stato letto dal critico Belinskij, il quale, colpito dalle doti del giovane scrittore non esitò a paragonarlo ad un nuovo Gogol. Il consenso di Belinskij gli apre le porte dei circoli culturali più esclusivi della capitale. L'anno successivo esce Il sosia il cui risvolto psicologico non piace altrettanto e i sostenitori del primo racconto, fra cui lo stesso Belinskij, raffreddano l'entusiasmo.
Fedor, però, trova nel giovane Valerjan Majkov, critico tra i più apprezzati, uno strenuo difensore. Fedor conosce anche Michail Petrasevskij, convinto sostenitore del socialismo utopistico di Fourier, che lo invita a frequentare il suo salotto dove si discutono nuove questioni sociali ed economiche. Dostoevskij frequenterà le riunioni assiduamente, attratto dall'idea di una società pacifica e dominata dall'amore; egli non è, né mai sarà, un rivoluzionario, ma sogna provvedimenti che possano abolire la servitù della gleba, la censura, la disuguaglianza, l'oppressione, la povertà.
Lo stesso anno esce il racconto La padrona.
Fedor Michajlovic DostoevskijNel 1848 escono sulla rivista "Otecestvennye zapiski" (Quaderni patriottici) i racconti Un cuore debole, Polzunkov, Le notti bianche, L'eterno marito.
Il 25 aprile 1849, alle cinque del mattino, Dostoevskij viene arrestato e imprigionato nella fortezza di Pietro e Paolo con l'accusa di far parte di una società segreta sovversiva guidata da Petrasevskij.
Il 16 novembre è condannato alla pena di morte mediante fucilazione, esecuzione che all'ultimo momento, come era uso a quei tempi per esaltare la grandezza dello zar, viene commutata in condanna ai lavori forzati in Siberia.
Nella fortezza di Omsk Dostoevskij passa quattro anni a contatto con detenuti di ogni genere, provenienza, estrazione, ognuno con una storia diversa; tutto materiale che verrà utilizzato per Memorie da una casa di morti.
Nel 1854, terminata la pena, viene mandato a Semipalatinsk, non lontano dal confine cinese, come soldato semplice. Là si innamora della moglie di un doganiere del luogo e dopo la morte di questo prende la donna, Marija Dmitrevna, come sposa. Nel novembre 1854 giunge a Semipalatinsk A.E.Vrangel', il nuovo procuratore, con il quale Dostoevskij stringe una salda e sincera amicizia. Alla morte dello zar Nicola I, nel 1855, sarà lo stesso Vrangel' ad adoperarsi per permettere a Dostoevskij di tornare a Pietroburgo.
Nel 1859 viene congedato per motivi di salute, si trasferisce a Tver, quindi a Pietroburgo, sempre, però, sotto la sorveglianza della polizia segreta.
Nel 1860 inizia sulla rivista "Russkij mir" (Il mondo russo) la pubblicazione delle Memorie da una casa di morti.
Nel gennaio 1861 esce il primo numero della rivista "Vremja" (Il tempo), pubblicata dal fratello Michail e di cui Fedor diventa il principale collaboratore. È un mensile di grosso formato dove si tratta oltre che di letteratura, anche di questioni filosofiche, economiche, finanziarie. Su di essa viene pubblicato a puntate Umiliati e offesi.
In questo periodo entra in contatto con due personaggi che, oltre a diventare collaboratori del giornale, saranno per Fedor fraterni amici: Apollon Grigorev e Nikolaj Strachov.
Nel 1862 viaggia molto all'estero. Conosce Apollinarija Suslova, con la quale intreccerà un legame che durerà parecchi anni.
Nel 1863 pubblica Note invernali su impressioni estive. Il 24 maggio, per un articolo troppo astratto e poco prudente di Strachov sulla questione polacca, la sua rivista viene chiusa dalla censura. Raggiunge la Suslova a Parigi, con la quale parte per l'Italia. Il rapporto fra i due è turbolento, tra violente scene di gelosia e tragiche perdite al gioco nei casinò di mezza Europa.
Nel 1863 i fratelli Dostoevskij redigono una nuova rivista, "Epocha" (Epoca), in cui appare la parte iniziale dei Ricordi del sottosuolo. A distanza di tre mesi l'una dall'altro muoiono la moglie, da tempo malata, ed il fratello Michail, per una fulminea malattia, che lo lascia in gravi difficoltà finanziarie per l'edizione della rivista. Dopo poche settimane, per un colpo apoplettico muore anche Apollon Grigorev, l'amico definito da Fedor come "l'uomo più autenticamente russo".
L'ultimo numero di "Epocha" sarà quello del 22 marzo 1865, in cui appare il racconto umoristico Il coccodrillo. Inizia a scrivere Delitto e castigo, ma brucia il manoscritto.
Nel 1865 firma con l'editore F.Stellovskij un contratto, per il quale dovrà consegnargli entro il primo novembre dell'anno successivo un nuovo romanzo, pena la pubblicazione fuori diritti da parte di Stellovskij di tutte le sue opere. Comincia a scrivere Delitto e castigo, e per velocizzarne la stesura assume una stenografa, Anna Grigorevna Snitkina, che sposerà nel 1867. Fedor Michajlovic Dostoevskij
Nel 1866 esce a puntate sul "Russkij vestnik" (Il messaggero russo), Delitto e castigo. Lo stesso anno termina Il giocatore.
Dal 1867 al 1872 fa un secondo viaggio, caratterizzato dalle difficoltà finanziarie e dalle perdite al gioco.
Nel gennaio 1868 inizia sul "Russkij vestnik" la pubblicazione a puntate de L'idiota. Gli nasce una figlia, Sonja, che muore due mesi dopo. Nel 1869 nasce la figlia Ljubov.
Nel 1871 inizia la pubblicazione a puntate de I demoni. Nasce il figlio Fedor.
Nel 1872 diventa capo-redattore di una rivista conservatrice "Grazdanin" (Il cittadino), presso cui cura una rubrica intitolata Diario di uno scrittore. La collaborazione, però, dura poco.
Nel 1875 esce L'adolescente e gli nasce il figlio Aleksej.
Nel 1878 muore il figlio Aleksej, per un gravissimo attacco di epilessia. Nei mesi disperati che seguono incontra spesso il filosofo Vladimir Solovev e con lui si reca al monastero di Optina, centro di spiritualità russa, dove incontra lo starec Amvrosij, prototipo dello starec Zosima de I fratelli Karamazov; all'amico filosofo confiderà il tema del suo ultimo libro: "La Chiesa come autentico ideale sociale".
L'anno successivo il "Russkij vestnik" inizia la pubblicazione a puntate del romanzo I fratelli Karamazov, che vedrà la luce in volume alla fine del 1879.
L'8 giugno 1880, in occasione dell'inaugurazione del monumento a Puskin, pronuncia un famoso discorso sul grande poeta discorso che suscita grandi entusiasmi: “Solo i russi sono dotati, come Puskin, di simpatia universale, solo essi sono in grado di penetrare nell'anima degli uomini di tutti i paesi e di elevarsi alla concezione dell'unione universale di tutti i popoli. Puskin illuminò la strada della storia russa come una chiara luce-guida e profetizzò il suo sviluppo ulteriore mostrando a tutti il cammino salutare di un legame con il popolo.”
Il 28 gennaio 1881 muore a Pietroburgo, per il peggioramento dell'enfisema polmonare da cui è affetto. Viene sepolto nel cimitero del convento Aleksandr Nevskij, accompagnato da una folla immensa.

 

 

OPERE

DELITTO E CASTIGO Fedor Michajlovic DostoevskijDostoevski esordì in letteratura con il romanzo breve Povera gente (1846), che ottenne l'appoggio del potente critico Belinskij e di Nekrasov. Il romanzo mostra già l'attenzione pietosa di Dostoevski per la sofferenza dell'uomo degradato socialmente e incompreso nella sua bontà. Steso in forma epistolare, ha due soli protagonisti: l'anziano impiegato Makar Devuskin e la sua lontana parente, la giovane Varen'ka. Essi abitano l'uno di fronte all'altro, ma non osano incontrarsi per paura dei pettegolezzi, e per questo si scrivono. Poveri e infelici, si raccontano i loro problemi quotidiani. Varen'ka con la sua triste infanzia, il suo amore per lo studente Prokrovskij morto di tisi. Gli manda libri. Da varie allusioni si comprende che Varen'ka nel passato è stata sedotta da un certo Bykov. Devuskin pieno di debiti si mette a bere, riprende coraggio quando uno dei suoi capi gli regala una somma sufficiente per trarlo d'impaccio. Ma intanto Varen'ka ha accettato di sposare Bykov, sperando così di poter aiutare il vecchio amico. Le sue ultime lettere sono solo febbrili richieste di commissioni per il corredo, che l'amico segue come in sogno trovando il coraggio di esprimerle la sua disperazione solo quando Varen'ka sta per partire.

Nello stesso anno uscì il secondo romanzo, Il sosia (1846) uscito poi in edizione definitiva nel 1865-1866, storia di uno sdoppiamento psichico a causa del quale il protagonista viene progressivamente travolto nell'incubo di un altro se stesso. Protagonista è Ivan Petrovic Goljadkin, impiegato statale oppresso dalla solitudine e dal senso della propria mediocrità. Scivolando lentamente nella follia, tenta disperatamente di costruire una immagine di se stesso che stupisca i suoi conoscenti: un se stesso sicuro, ricco, intrigante. Vagamente conscio del suo stato mentale, ha consultato senza risultato il medico Rutenspitz. Innamorato di Klara Olsufjevna figlia di un superiore, un giorno si presenta non invitato a un ballo a casa di lei, ma non viene ricevuto. Da quel momento Goljadkin comincia a vedere, palpabile e reale, il suo sosia, un maligno e ipocrita doppione di se stesso, che trama contro di lui e con il quale ha deliranti colloqui. Attirato con un tranello in casa di Klara, colleghi e superiori lo consegnano a Rutenspitz perché lo porti in manicomio.

Seguirono altri racconti, che non ebbero la stessa fortuna. Tra essi Le notti bianche (1848), che reca come sottotitolo «romanzo sentimentale», storia gentile e patetica di un sogno vissuto a occhi aperti, l'innamoramento di un giovane sognatore di una fanciulla incontrata per caso, sullo sfondo di una Pietroburgo romantica. Racconto sentimentale ma anche allucinato.

Al ritorno dall'esilio pubblica due altri romanzi: Il villaggio di Stepancikovo, e Il sogno dello zio. Sono opere in cui intreccia umorismo grottesco e critica di costume. Rievoca il periodo trascorso ai lavori forzati nelle Memorie da una casa di morti (1861-1862), testo di estrema intensità.

Nel 1862 pubblica il romanzo Umiliati e offesi, sofferta indagine sulle virtualità dell'anima umana, così spesso soffocate o tradite. Narratore è Ivan Petrovic, detto Vanja, un giovane scrittore in cui Dostoevski raffigura se stesso esordiente. Orfano, è stato allevato in provincia dagli Ichmenev insieme alla loro figlia Natascia. Mentre Vanja studia a Pietroburgo, Alioscia figlio del principe Valkorskij di cui Ichmenev è amministratore, frequenta assiduamente la bella Natascia. Per separarli, il principe Valkorskij non esita a rovinare Ichmenev, che è costretto a trasferirsi in città. Vanja si fidanza con Natascia, ma ricompare inatteso Alioscia: per lui, seducente quanto ignaro di scrupoli, Natascia abbandona fidanzato e famiglia. Alioscia la lascia ben presto, accettando la fidanzata propostagli dal padre, la bella ricca e intelligente Katja. In circostanze romanzesche, Vanja ha accolto in casa sua un’orfanella, Nelly. Più tardi si scopre che Nelly è figlia di Valkorskij, il quale ne ha sedotta e poi abbandonata la madre. Nelly, epilettica, muore dopo aver fatto riconciliare con la sua ardente bontà Ichmenev con la tradita Natascia.

Nel 1865 stampò Memorie del sottosuolo, storia della fallita redenzione di una prostituta, tormentosa disamina dell'inconscio e dell'insufficienza dell'intelletto a giustificare se stessi e il prossimo, e a comprenderli. Il romanzo è scritto in prima persona: è un lungo monologo diviso in due parti. Nella prima parte, "Il sottosuolo", il protagonista rivolgendosi a un ipotetico interlocutore, parla di se stesso, della propria educazione, della formazione del proprio carattere, del complesso di qualità e difetti da lui definito «sottosuolo», che costituiscono la personalità nascosta a tutti, affiorante solo dopo una dettagliata analisi. Nella seconda parte, "A proposito della neve fradicia", il narratore ripercorre alcuni episodi della sua vita, dove con più evidenza gli si è manifestato il «sottosuolo». La solitudine e la malinconia lo spingono a seguire, non desiderato e non invitato, alcuni compagni di studi a una cena. Umiliato dal loro atteggiamento, oltraggiato pubblicamente, vendica l'offesa subita su Liza, una puttana incontrata in un bordello. Le fa un quadro del destino degradante e spaventoso che l'attende, tra debiti, malattie e percosse. Dopo qualche giorno Liza ricompare con la nostalgia di una vita pura. Accolta con volgarità e violenza, rimane lo stesso, convinta della sofferenza profonda dell'uomo che la maltratta. Egli la caccia, mettendole in mano per umiliarla un biglietto da cinque rubli. Liza fugge: solo dopo la sua scomparsa il narratore scopre il biglietto sul tavolo, testimonianza della sua meschinità e della profonda dignità di Liza. Fedor Michajlovic Dostoevskij

Nel 1866 apparve Delitto e castigo, che si chiude con il pentimento e l'espiazione del protagonista, accortosi della disumanità della propria astratta morale di «individuo superiore».
Siamo a Pietroburgo, e lo studente Raskolnikov cerca una via d'uscita dalla miseria, anche per aiutare la madre e la sorella Dunja che vivono poveramente in provincia e lo mantengono mandandogli quello che Dunja guadagna come istitutrice presso la famiglia Svidrigajlov.
Raskolnikov è dominato dall'idea della libertà cui ha diritto l'uomo superiore. Non esita a uccidere, dopo aver progettato minuziosamente il delitto, una vecchia usuraia e la sua mite sorella Elisavjeta per derubarle. Un concorso di circostanze svia le indagini, ma dal giorno del delitto Raskolnikov diventa l'implacabile giudice di se stesso. Raskolnikov è combattuto tra il ricordo dell'uccisione e il timore ossessivo di venire scoperto. E' assalito da accessi di delirio. Il suo ignaro amico Razumichin, onesto e ottimista, cerca invano di dargli sollievo. Nell'ansia di avere notizie sulle indagini, ma anche per provare la sua superiorità, Raskolnikov gioca d'astuzia con la polizia sfidandola. Il giudice Porfirij finisce per sospettare la sua colpevolezza ma lo lascia andare libero, ben calcolando che finirà lui stesso per consegnarsi nelle sue mani. Nei suoi vagabondaggi Raskolnikov incontra molti relitti umani, come lui tesi a uscire dalla loro degradazione. L'impiegato ubriacone Marmeladov, la tisica Katerina Ivanovna sua moglie che, per fame, ha spinto la figliastra Sonja alla prostituzione, Sonja stessa la cui dolcezza di vittima finirà per dominare Raskolnikov. Ma da loro, per cui prova amore e pietà, lo separa l'atto commesso. Sonja, ricevendo la confessione di Raskolnikov, gli indica il valore della vita umana secondo il Cristo. Lo spinge, anche se ribelle in cuor suo, a costituirsi. Solo in Siberia, accanto a Sonja che lo ha seguito, Raskolnikov si libera dal senso di sconfitta che gli grava addosso. Attorno a Raskolnikov è nel romanzo tutto un mondo di diseredati e peccatori: sua sorella Dunja che per aiutare la famiglia è disposta a sposare il danaroso e abietto Luzin. Svidrigajlov che perseguita Dunja e, dopo aver appreso la confessione di Raskolnikov, tenta di ricattare la ragazza: respinto, si uccide. Tra tutti questi peccatori, l'unico veramente sordido e meschino è Luzin, che cerca di far accusare falsamente Sonja di furto per mettere in cattiva luce lei e Raskolnikov di fronte alla madre e a Dunja.

Fedor Michajlovic DostoevskyNell'ottobre 1866 riuscì a finire di dettare in poco tempo il romanzo breve Il giocatore (1867), onorando un contratto-capestro con l'editore Stellovskij. Il romanzo è centrato sul demone del gioco, di cui lo stesso Dostoevski fu afflitto. Romanzo impietoso, senza speranza.
Il protagonista è un giovane precettore, che a causa della sua ossessione, rovina la propria vita. Gli dice l'amico inglese, mister Astley: «vi siete fatto di legno [...] non solo avete rinunciato alla vita, agli interessi vostri e a quelli della società, ai doveri di un cittadino e di un uomo, ai vostri amici (e di amici ne avevate), non solo avete rinunziato a ogni altro scopo tranne che a quello di vincere al gioco, ma avete anche rinunciato a tutti i vostri ricordi. Vi ricordo in un momento ardente e intenso della vostra vita: ma sono sicuro che avete dimenticato tutte le vostre migliori impressioni di allora. I vostri sogni, quelli di adesso, i vostri quotidiani desideri non vanno oltre al pair et impair, rouge et noir, ai dodici numeri medi e così di seguito [...]».
Attorno al personaggio principale, la realtà di parassiti, di deboli, visti con occhi spregiudicati e lucidi. Esiste anzi una specie di voluttà nell'analisi cinica, da parte del protagonista, che è parte integrante del suo 'destino' di rovina. A vivacizzare il romanzo, la comparsa della vecchia Antonida Vassìlevna, capace di giusta diretta intuizione, che però anche lei cade vittima del demone del gioco.

Nel periodo trascorso viaggiando all'estero, scrisse L'idiota (pubbl. 1868- 1869), storia della sconfitta di un uomo «assolutamente buono».
Protagonista del romanzo è il principe Myskin, ultimo erede di una grande famiglia decaduta. Lui è una creatura spiritualmente superiore, in cui la generosità d'animo e la candida fede nel prossimo si accompagnano a una totale inesperienza di vita, e a una specie di paralisi della volontà. l'idiota Fedor Michajlovic Dostoevskij
Durante il ritorno in patria, dopo un lungo soggiorno in Svizzera dove ha curato una malattia nervosa, gli è compagno di viaggio Rogozin. Rogozin è un giovane esuberante e violento, che gli narra il suo folle amore per la bella Nastasja Filippovna. Giunto a Pietroburgo, Myskin va dal generale Epancin, un suo parente. Apprende che il segretario del generale, Ganja, vorrebbe sposare Nastasja Filippovna, attirato più che altro dalla dote che un passato amante e benefattore le ha destinato, e dalle relazioni di costei.
La sera della decisione irrompe in casa di Nastasja Filippovna, Rogozin che offre una cifra pari alla dote di lei purché rifiuti Ganja e diventi la sua amante. Myskin, misteriosamente attratto dalla donna si dichiara pronto a sposarla per sottrarla a quel mercato umiliante. Nastasja commossa ma incredula, fugge con Rogozin. Di Myskin si innamora la giovane e aristocratica figlia del generale Epancin, Aglaja.
Tra le due, Myskin sceglie Nastasja, sognando di strapparla una seconda volta a Rogozin. Conscia dell'assoluta e profonda bontà del principe, Nastasja esita a lungo. Sentendosi indegna di lui si abbandona a Rogozin che però intuisce la verità di quella scelta: geloso, la uccide. Chiamato dall'omicida come unico testimone del delitto, Myskin di fronte al corpo dell'uccisa ripiomba in una definitiva follia.


Tornato in Russia, Dostoevski pubblicò nel 1873 I demoni, romanzo centrato sulla problematica del nichilismo, dell'atto gratuito e dell'assenza di dio.
Piotr Verciovenski è il capo di un'organizzazione nichilista. Egli lega indissolubilmente i suoi seguaci alla causa rivoluzionaria con una serie di delitti. Piotr è ideologicamente guidato da Nikolaj Stavrogin, personaggio intelligente, misterioso, demoniaco, privo di qualsiasi direzione morale, circondato da una devozione quasi mistica. Egli ispira idee alle quali è il primo a non credere. La sua vita è piena di morbose assurdità: il matrimonio non consumato con una povera storpia quasi demente, lo stupro di una bambina che poi si uccide. Piotr prepara un nuovo delitto.
Vittima designata è Sciatov, prima seguace di Stavrogin e poi convertitosi improvvisamente alla fede ortodossa. Per coprire il delitto Piotr obbliga il rivoluzionario ateo Kirillov, deciso a un suicidio gratuito e dimostrativo, a scrivere una lettera prima di compiere l'atto definitivo, in cui si accusa dell'omicidio di Sciatov. Si susseguono altri delitti, che terrorizzano la borghesia liberale pronta prima a accogliere per leggerezza e snobismo, poi a disconoscere con orrore i «demoni».
La serie culmina con il suicidio di Stavrogin che si impicca nella soffitta del suo appartamento.

Nello stesso 1873 Dostoevski iniziò a pubblicare sul reazionario «Il Cittadino» il "Diario di uno scrittore" che, a partire dal 1876 e fino al 1881, apparve come rivista a sé stante. Il "Diario" includeva oltre che articoli di critica letteraria, morale, polemica sociale ecc., anche dei racconti tra cui sono da ricordare: Il fanciullo presso Gesù (1876), e La mite (1877).

Fedor Michajlovic DostoevskijNel 1875 apparve L'adolescente, ritratto di un giovane che vince la propria solitudine e l'astio verso gli altri abbracciando gli ideali di un mistico populismo cristiano.
Protagonista è il giovane Arkadij Dolgorukij, figlio illegittimo del proprietario terriero Versilov, e di una donna di condizione servile Sofja Andreevna, che Versilov, benché già sposato, ha strappato al buon marito Makarij Ivanovic. La sottomessa e dignitosa Sofja vive molto poveramente. Lei ha avuto dall'amante, spesso assente e sempre infedele, due figli: Arkadij e Lisa. Lisa è cresciuta accanto alla madre. Arkadij da bambino è stato messo in pensione presso un francese rozzo e crudele, Monsieur Touchard.
Conscio della proprio condizione di bastardo, Arkadij aspira a una rivincita che gli sembra possibile solo con il potere e l'isolamento; ma prima deve accumulare una grossa fortuna. Volontà e fermezza sono le virtù cui aspira, indispensabili per raggiungere il suo obiettivo. Risparmia sul piccolo stipendio che gli passa Versilov, si assoggetta a duri sacrifici materiali. Ma non ha fatto i conti con se stesso.
Il primo segno di cedimento verso l'«idea» avviene quando Arkadij dà metà dei risparmi per soccorrere la piccola Rinoscka, una neonata trovata moribonda presso la porta della casa dove abita. Seguono altri cedimenti. In Arkadij poi agisce una disperata ammirazione per Versilov, che ama e disprezza allo stesso tempo. A causa di questi sentimenti, si trova legato al destino burrascoso di Versilov.
Costui è uomo sensuale, elegante, intelligente, tragicamente diviso tra la passione per l'altera Katerina Nikolaevna ricca e nobile, e l'affetto compassionevole e pieno di rimorso verso Sofja Andreevna. C'è un giro vorticoso di ricatti e intrighi, in cui il denaro gioca sempre il ruolo principale. Emerge in questo gioco l'abietta figura di Lambert, ex compagno di scuola di Arkadij. Katerina si fidanza con il barone Rioring.
A casa di Sofja muore Makarij Ivanovic, quasi santo nella sua consapevole mitezza e rimprovero vivente per Versiolv. Tutto questo sconvolge Versilov fino alla follia. Arkadij è definitivamente distratto dai suoi sogni di forza e potenza dalla catastrofe del padre cui ha partecipato, inconsapevole burattino di Lambert. Sullo sfondo altri conflitti: Lisa la sorella di Arkadij rimane incinta di un principe Sokolskij che, imprigionato per truffa, impazzisce. i fratelli karamazovAnna figlia legittima di Versilov decide di sposare, a freddo e per interesse, un vecchio principe, un altro Sokolskij.

Nel 1879-1880 è l'ultimo romanzo di Dostoevski, I fratelli Karamazov. Si contrappongono qui l'odio tra padre e figli, e la purezza e la fede di una creatura innocente.
Fiodor Karamazov ha tre figli: Dmitrij, Ivan e Alioscia. Ha anche un figlio illegittimo, l'epilettico Smerdjalov, che tiene in casa come un servo. Fiodor è un vecchio libertino cinico e dissoluto, poco amato dai figli. In particolare Dmitrij detto Mitja lo odia perché è innamorato di Gruscenka, una bella mantenuta che il vecchio grazie al suo denaro vuole fare sua. Ivan invece è un raffinato intellettuale e filosofo dell'ateismo. Il più giovane Alioscia è novizio nel convento di padre Zosima, che lo guida sulla via della perfezione spirituale, ma lo obbliga a ritornare nel mondo che ha bisogno della sua carità cristiana.
Poco dopo il vecchio Karamazov viene trovato ucciso. Tutti i sospetti cadono su Mitja, difeso solo dalla generosa Gruscenka. Anche Ivan crede nella colpevolezza del fratello, fino al giorno in cui Smerdjakov gli confessa di essere lui l'assassino, plagiato dalle teorie atee dello stesso Ivan.
Subito dopo la confessione Smerdjakov si impicca. Ivan non può provare al processo la verità delle sue rivelazioni. Mitja viene condannato ai lavori forzati. Ivan cade in preda al delirio intellettuale.
Alioscia con la sua purezza, pur troppo senza poter far niente, guida un gruppo di ragazzi raccolti in fraterna solidarietà, verso una vita migliore.

 

 

 

Fedor Michajlovic DostoevskijDOSTOEVSKIJ E SAN PIETROBURGO

 

Numerosissime sono le tracce che lo scrittore ha lasciato a San Pietroburgo e tal punto che è possibile tracciare interi itinerari di visita sul tema della vita e delle opere di Dostoevsky

 

Monumento funebre

Il monastero dedicato ad Alessandro Nevskij è arricchito da due cimiteri monumentali che ospitano personaggi illustri. Vi si trova anche il monumento funebre di Dostoevsky.

 

Il Museo Dostoevskij

Il museo è stato inaugurato nel 1971, nell'ottantesimo anniversario della morte dello scrittore, avvenuta nel 1881.
In questo appartamento Dostoevsky visse dal 1878 al 1881 e si dedicò alla stesura di numerose opere, tra le quali il Discorso su Puskin e i Fratelli Karamazov.Museo Dostoevskij
Il museo si divide in due parti: l’appartamento e il museo letterario. L’appartamento, una tipica casa borghese dell’epoca, è una ricostruzione, basata su fonti d’archivio, fotografie e testimonianze dei contemporanei, dell’abitazione dove lo scrittore visse con la seconda moglie ed alcuni figli.
Nello studio,che l'artista volle spazioso e isolato rispetto al resto della casa, è conservata una riproduzione della Vergine di San Sisto di Raffaello, dipinto a cui Dostoevsky era particolarmente affezionato. Dalle finestre si può ammirare il panorama più volte descritto dal romanziere nelle sue opere. La parte più letteraria del museo presenta una serie di ambientazioni legate alla stesura di alcune opere, alla formazione dello scrittore, riferimenti ai suoi viaggi in Europa, una raccolta delle edizioni dei romanzi in varie lingue del mondo, fotografie di amici e contemporanei di Dostoevsky.

Museo Dostoevskij

5/2 Kuvnechny Lane.

Tel.: (812) 311-4031, (812) 164-6950. Fax: (812) 112-0003.

Orario di apertura: 11.00-17.30, chiuso domenica.
Sito Web: http://www.md.spb.ru/index.cgi

 

 

Delitto e castigoTour “Delitto e castigo”

Non c’è alcun dubbio: il romanzo più rappresentativo di San Pietroburgo è Delitto e castigo, l’opera di Dostoevsky che narra la vicenda del giovane Raskolnikov, il quale uccide un’usuraia e deve affrontare le drammatiche conseguenze del suo gesto.
Il romanzo è ambientato nei dintorni di Sennaya ploshchad, dove ha inizio questo itinerario. Grazie a un massiccio e quanto mai necessario restauro, voluto dall’amministrazione comunale per le celebrazioni del terzo centenario della fondazione della città nel 2003, la sporcizia e lo squallore per cui Sennaya era passata tristemente alla storia non sono più così evidenti. Tuttavia non è difficile immaginare il quartiere ai tempi di Dostoevsky, quando era pieno di ubriachi, mendicanti, ladri e altri personaggi del genere. Sebbene l’attuale stazione della metropolitana sorga sul sito in cui si trovava la Chiesa dell’Assunzione, costruita negli anni dal 1760 al 1770 e distrutta in epoca sovietica, i principali punti di riferimento erano all’epoca le taverne d’infimo ordine.
Realtà e fantasia qui si sono fuse irreversibilmente: qualsiasi pietroburghese sarà in grado di indicarvi dove viveva Dostoevsky con la stessa rapidità con cui vi indicherà la casa di Raskolnikov e della vecchia usuraia. Con una passeggiata di un’ora si possono cogliere alcuni frammenti della triste realtà della vita dei bassifondi a metà del XIX secolo. I gatti randagi – onnipresenti nei cortili di San Pietroburgo, come la penombra e gli odori nauseanti – sono i custodi di un quartiere il cui squallore si è conservato così bene che lo stesso Dostoevsky potrebbe riconoscerlo all’istante.

Da Sennaya ploshchad camminate verso nord in pereulok Grivtsova, dall’altra parte del canale, svoltate a sinistra in Grazhdanskaya ulitsa e proseguite fino all’incrocio successivo – in Stolyarny pereulok si trova una delle due possibili ubicazioni della soffitta di Raskolnikov.
L’edificio presenta delle targhe di marmo in russo e in tedesco che indicano il livello raggiunto dall’acqua durante la grande inondazione del 7 novembre 1824, immortalata da Pushkin nel poema Il cavaliere di bronzo. C’è anche una targa che recita: “Il tragico destino degli abitanti di questa zona di San Pietroburgo gettò le fondamenta per l’appassionato sermone di Dostoevsky sulla bontà di tutto il genere umano”. Purtroppo la porta della tromba delle scale è chiusa a chiave. Coloro che ritengono che questa sia la casa in cui viveva Raskolnikov sostengono che Rodya (diminutivo di Rodyon, il nome di Raskolnikov) prese l’arma del delitto dal cestino degli attrezzi di uno spazzino nell’androne che conduce al cortile.

Da qui continuate verso sud in Stolyarny pereulok (chiamato semplicemente “vicolo S.” nel romanzo), dove al numero 9 si trova l’altro possibile (e più probabile) indirizzo dell’appartamento di Raskolnikov. Percorrete l’androne, girate a destra nell’ingresso 2, dai gradini di pietra che si sgretolano, e salite quattro rampe finché il soffitto della tromba delle scale si apre verso l’alto. Sulla parete ci sono spesso delle scritte (talvolta ridipinte) che dicono “Rodya, non uccidere”. L’appartamento di Rodya sarebbe la soffitta chiusa con un lucchetto sulla sinistra del quinto piano. All’epoca di Dostoevsky c’erano 18 bettole solo nel vicino DOSTOEVSKIJStolyarny pereulok!

Proseguite lungo Stolyarny pereulok in direzione sud fino a ulitsa Kaznacheyskaya.
Dostoevsky abitò in ben tre appartamenti di questa minuscola viuzza: dal 1861 al 1863 al numero 1, e dal 1864 al 1867 al numero 7. E’ in quest’ultimo che scrisse Delitto e castigo. Prima di trasferirsi al numero 7, lo scrittore visse per un mese nell’edificio numero 9, di colore rosso sbiadito. Non è difficile immaginare come questo ambiente degradato possa avergli ispirato la cupa vicenda narrata nel romanzo.
Quale che sia l’appartamento in cui viveva, Raskolnikov percorse Stolyrny pereulok verso il Canale Griboedova e attraversò Kokushkin most, dove si soffermò a fissare il canale, assorto nei suoi pensieri.
Da qui il percorso seguito da Rodya per raggiungere la casa dell’usuraia non è per nulla lineare. Dopo aver attraversato il canale, andate direttamente in Sadovaya ulitsa e girate a destra. Svoltate poi alla prima a destra in Rimskogo-Korsakova. Attraversate Voznesenskij prospekt e oltrepassate Bolshaya Podyacheskaya ulitsa e Srednyaya Podyacheskaya, la casa dell’usuraria si trova tra questa via e l’argine del canale.
L’ingresso al cortile del caseggiato è un po’ più a nord dell’argine, in Naberezhnaya kanala Griboedova 104. Entrate nell’umido androne e dirigetevi verso l’ingresso numero 5 (appartamenti 22-81).

Gli abitanti dell’edificio sono abituati alla gente che entra per dare un’occhiata e infatti i pomi d’ottone agli angoli della ringhiera di ferro sono stati collocati appositamente per i visitatori e terminano immediatamente dopo il terso piano,dove c’è l’appartamento dell’usuraia (numero 74, sulla destra). Dopo l’omicidio, l’assassino scappò attraverso l’androne che conduce a Srednyaya Podyacheskaya.

 

 

 

DOSTOEVSKIJ E L’ITALIA

 

Casa di Firenze

A Firenze è possibile vedere la casa dove Dostoevsky ha vissuto durante il suo soggiorno in Italia.

 

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In italiano…

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