ALEKSANDER SERGEVIC PUSHKIN
26 maggio 1799 - 29 gennaio 1837: è questo larco di
vita di un grandissimo poeta troppo tardi compreso in patria, semplicemente
perché possedeva un genio straordinariamente russo e al tempo
stesso straordinariamente diverso da quello dei suoi compatrioti. Tra le due date, un intero catalogo di opere.
Mente versatile, in un paese che non conosceva il romanzo, dove
il racconto si esauriva in storielle romantiche, eccolo offrire
lirica e prosa, poema narrativo e teatro, racconto storico e fiabe,
un romanzo in versi, e una tragedia dove trovano veste drammatica
antiche cronache di vecchi annalisti. Ma la Russia ebbe in Puskin
soprattutto il suo maggior poeta.
VITA DI PUSHKIN
Nacque
da genitori di antica nobiltà, ma troppo presi dagli impegni
mondani per occuparsi del figlio, che ebbe affetto e calore soltanto
dalla nonna materna e dalla njanja Arina che gli narrava fiabe popolari.
Ebbe precettori francesi, ma la sua cultura si formò soprattutto
sui libri di casa. Conosceva il francese anche meglio del russo
e lesse prestissimo Molière e Rousseau, Montesquieu e Voltaire;
a dodici anni venne ammesso al liceo che lo zar Alessandro I aveva
appena istituito a Carskoe Selo, non lontano da Pietroburgo, per
i giovani ingegni della nobiltà russa. E fu qui che si manifestò
la sua vocazione artistica.
È del 1820 il poema Ruslan e Ljudmila che lo rese popolare
tra i coetanei, ma gli attirò le acerbe critiche dei letterati
conservatori.
Dopo gli studi entrò al Ministero degli Esteri e la sua vita
si snodò tra salotti, teatri, avventure galanti e fantasie
poetiche, pur continuando a scrivere.
Si accostò agli ambienti liberali e fece un po di politica,
anche se i veri cospiratori non lo presero mai sul serio; tuttavia
rischiò la Siberia per aver letto in pubblico dei versi poco
ortodossi contro Alessandro I. Se la cavò con vari trasferimenti
e più o meno lunghi periodi di esilio, durante i quali scrisse
i Poemi meridionali, Il prigioniero del Caucaso, I fratelli masnadieri,
e stupisce notare come egli costruisca un linguaggio di assoluta
autonomia e sappia assimilare per virtù istintiva materiali
eterogenei: loccasione autobiografica, la rievocazione storica,
il costume, la polemica politico-culturale, la fantasiosa rappresentazione
esotica, e sappia darci al tempo stesso un quadro realistico della
quotidianità contemporanea.
Ed ecco ancora La fontana di Bachcisaraj, Gli zingari, Il conte
Nulin (scritto in due giorni) di tono romantico, ma già vigoroso
di motivi originali.
Poi fu mandato a Odessa come addetto alla segreteria del governatore
generale, conte Voroncov, che... aveva una moglie troppo bella.
Anche Odessa parve bellissima a Puskin: si davano opere italiane,
cerano molti italiani, i ristoranti francesi e unanimazione
quasi meridionale. Fu certamente qui che cominciò a scrivere
il suo poema in versi, lEugenio Onegin (vi si trovano infatti
molti italianismi e per di più la protagonista Tatiana somiglia
molto a Elisaveta Voroncova).
Risultato? Un brusco licenziamento: Voroncov aveva giudicato Puskin
un dipendente scomodo.
Puskin raggiunse allora la proprietà materna di Mihajlovskoe,
a sud di Pietroburgo, e furono due anni di intenso studio e di accanito
lavoro. Scrisse il grande poema storico Boris Godunov e uninfinità
di liriche, tra cui Il profeta, Il poeta, La plebe...
Intanto
alla morte di Alessandro I era salito al trono Nicola I, che era
riuscito a sedare la rivolta dei Decabristi. Il nuovo zar volle
mostrarsi magnanimo, mandò un poliziotto a prelevare Puskin,
lo ricevette nel convento moscovita di Cudov e in cambio di una
promessa di ravvedimento gli concesse il suo perdono
e un piccolo posto. Puskin rimarrà comunque sempre una specie
di sorvegliato speciale.
Dopo aver pubblicato il poema Poltava portò a termine lEugenio
Onegin (8 capitoli, 5541 versi) una vera enciclopedia della vita
russa (così ebbe a dire il critico Belinskij). È lopera
che meglio rispecchia la personalità del poeta, unopera,
unica nella letteratura mondiale, di imprevedibile varietà:
ci sono descrizioni, toni ironico-sentimentali, indagini psicologiche,
polemiche culturali, analisi dambiente, quadri di costume. Cè tutta la società russa contemporanea coi
suoi problemi, i suoi uomini in vista.
Ancora in questo periodo, Puskin compose le piccole tragedie,
sorta di poemetti drammatici: Mozart e Salieri, Il cavaliere avaro,
Il convitato di pietra, Il festino durante la peste e il racconto
Dubrovskij. E poi ecco i Racconti di Belkin, mirabili esempi di
narrativa.
1831. Stanco ormai di avventura, Puskin sposa la bellissima Natalja
Goncarova, e fu un matrimonio infausto.
È davvero il principio della fine. Il poeta si copre di debiti
per saziare il desiderio di lusso della moglie, le pretese della
suocera. Natalja è così bella che se ne invaghisce
anche lo zar, il quale, per averla a corte, nomina Puskin gentiluomo
di camera, un posto adatto a un diciottenne, non certo a un poeta
affermato.
Nonostante tutto, continua a scrivere: Il cavaliere di bronzo, un
romanzo diventato famoso; La figlia del capitano, dove è
raccontata la rivolta di Pugacëv, La dama di picche, alcune
fiabe, e riesce perfino a varare una rivista: Il contemporaneo.
Poi il cerchio si chiude. Puskin sfida a duello lennesimo
corteggiatore della frivola moglie, il barone DAnthes. Ferito
a morte da un uomo banale, per una donna banale, morirà dopo
due giorni di agonia.
Nessuno commemorò la sua morte, il capo della gendarmeria
aveva proibito ai giornali ogni necrologio; soltanto uno, Linvalido
russo scrisse, eludendo il divieto: Il sole della nostra
poesia è tramontato.
OPERE DI PUSHKIN
La produzione poetica
Le
prime prove poetiche e i contatti con i riformatori Puskin li ebbe
al liceo. Le liriche liceali sono sostanzialmente ancora imitative,
nel tipico gusto dell'Arzamas, la semiseria associazione politica
creata da Zukovskij, Batjuskov e Vjazemskij. Ma incredibilmente
mature e scaltrite dal punto di vista tecnico.
Nel 1820 ebbe il primo clamoroso successo con il poema Ruslan e
Ljudmila. Domina una limpida ironia di tipo voltaireiano. Agli inizi
dell'esperienza poetica puskiniana sono influenze francesi, e una
ispirazione lirica classicista che privilegia il momento della composizione,
della scelta lessicale e sintattica rispetto a quello della creazione
metaforica.
A Kisinev, sotto influsso di Byron, scrisse i cosiddetti 'poemi
meridionali': Il prigioniero del Caucaso (1820-1821), La fontana
di Bachcisaraj (1822), I fratelli masnadieri (1821): materiali di
cronaca e di storia, di autobiografia e di leggenda servono a maturare
la sua tendenza realista. L'incontro con Byron condizionò
più i temi e le atmosfere, e soprattutto certe cadenze narrative,
che non la forma, sempre tesa a un ideale di purezza e perfezione
verbale perseguito attraverso una irripetibile corrispondenza tra
lessico, costruzione sintattica e impianto metrico.
Evgeni Onegin
La fase più alta della lirica di Puskin è data dal
romanzo in versi Evgeni Oneghin. Iniziato nel 1823, portato a termine
nel 1831, si tratta di un poema narrativo in otto canti.
Onegin è giovane e ricco, egocentrico, prediletto dal bel
mondo pietroburghese. Ritiratosi per un po' in campagna, fa amicizia
con il giovanissimo poeta Vladimir Lenskij, con cui frequenta la
famiglia Larin. Il puro idealista Lenskij si fidanza con una delle
figlie Larin, Olga. L'altra figlia, Tat'jana, graziosa e appassionata,
si innamora di Onegin e glielo confessa ingenuamente in una lettera.
Onegin la respinge freddamente, e durante una festa corteggia Olga
suscitando l'ira di Lenskij. Nel duello, Lenskij muore.
Più
tardi Onegin incontra a Pietroburgo Tat'jana, diventata moglie
di un generale e dama del gran mondo della capitale. La corteggia,
ma lei rifiuta il suo amore dichiarandosi fedele al marito e non
disposta al tradimento, pur non avendo dimenticato l'antica passione.
E' un perfetto, concluso organismo vitale nel suo graduale evolversi
dalla esuberante vitalità del primo capitolo alla compressa
tensione drammatica degli ultimi. Nato, come impulso iniziale, dal
ricordo del Don Juan di Byron, influenzato come struttura narrativa
dal Tristram Shandy di Sterne, il poema divenne il modello di una
lingua fondamentale del romanzo russo ottocentesco. E' un realismo
poetico, dove la descrizione è stimolata dall'atmosfera emotiva
dei personaggi e scavalca la pura analisi psicologica. E' la matrice
della grande tradizione realistica, da Lermontov a Turgenev a Goncarov
fino a Guerra e pace di Tolstoj. Onegin con la sua irresponsabile
autoindulgenza, Tat'jana la donna virtuosissima ma non puritana
né moralista, sono i capostipiti di tutta una serie di personaggi
della letteratura russa moderna, anche se l'atteggiamento di Puskin,
di "simpatia senza pietà per l'uomo e di ammirazione
senza ricompensa per la donna" (secondo la formula datane da
D.P. Mirskij), nessun altro autore è riuscito più
a riproporlo.
Nel periodo in cui lavorava all'Evgeni Onegin, Puskin scrisse anche
Il conte Nulin (1825), e La casetta a Kolomna (1830), ironici e
piccanti racconti in versi di argomento contemporaneo. Ne Gli zingari
(1824), la raffigurazione idealizzata degli zingari bessarabici
come rappresentanti di uno stato naturale dell'umanità, fece
parlare Dostoevskij di scoperta e difesa dell'anarchia. In Poltava
(1828) la storia dell'amore del vecchio cosacco Mazeppa si intreccia
con il motivo epico della lotta di Pietro il Grande contro Carlo
di Svezia.
A questo periodo appartengono alcune tra le migliori liriche puskiniane.
Esse vanno sempre più perdendo ogni traccia di accattivante
emotività lirica per raggiungere, negli anni '30, un ideale
di «elegia oggettiva», impersonale nella sua universalità,
spesso usata per dare corpo a sentimenti corali.
L'ultimo grande poema narrativo di Puskin è Il cavaliere
di bronzo, scritto nel 1833 (pubblicato nel 1841). Una drammatica
espressione del contrasto tra ragione di stato e diritti dell'individuo,
simbolizzati nella figura di Evgenij, il primo piccolo burocrate
della letteratura russa ottocentesca: un insignificante impiegato
alle prese con l'inondazione di Pietroburgo del 1824.
Puskin ha scritto anche splendide fiabe in versi. Tra esse: La favola
dello zio Saltan, e La fiaba del galletto d'oro. Le sue capacità
tecniche e formali sono qui in perfetta sintonia con l'atmosfera
e gli umori del folklore russo.
La narrativa in prosa
Del 1828 è il romanzo incompiuto Il negro di Pietro il Grande,
in cui Puskin rievoca la figura di un suo avo, l'etiope Hannibal,
che era stato ingegnere generale alla corte di Pietro il Grande.
Dal 1830 Puskin si dedicò intensamente alla prosa. Nacquero
così i Racconti di Belkin (1830), dove la trama-aneddoto
serve da pretesto per mettere a punto congegni narrativi.
La
donna di picche (1834). In esso una materia altamente romanticista
e evocativa viene compressa in una forma di nobile nudità
parnassiana. Una storia narrata dal giovane ufficiale Tomskij ha
stimolato l'avidità di Germann, uomo di pochi mezzi e molta
ambizione. Secondo il racconto, una vecchissima contessa conosce
tre carte sicure per vincere al gioco, indicatele in gioventù
dal famoso occultista Saint Germain.
Circuita la giovane dama di
compagnia della contessa, Lisaveta, Germann riesce una notte a introdursi
nella camera della vecchia. Minaccia e implora invano: la vecchia
muore di spavento senza aprire bocca. Pochi giorni dopo gli appare
lo spettro della contessa, gli rivela le carte (tre, sette, asso)
ma gli impone di sposare Lisaveta. Deciso a vincere, ma senza obbedire
alla seconda richiesta della vecchia contessa, Germann gioca e vince
due volte. La terza volta, al posto dell'asso esce la dama di picche.
Germann impazzisce.
La figlia del capitano (1836) è la storia della rivolta di
Pugacëv. Si narra delle avventure del giovane alfiere Pëtr
Andreic Grinëv, mandato militare dal padre. Il viaggio verso
la fortezza di Orenburg, accompagnato dal precettore Savelic, l'aiuto
ricevuto da un barbuto contadino durante una tormenta che gli ha
fatto perdere la strada, l'arrivo e il soggiorno alla fortezza di
Bologorsk dove, mentre arrivano glie chi dell'avanzata di Pugacëv,
Grinëv si innamora della timida Masha, figlia di Mironov capitano
del fortino. Sono gli episodi che precedono l'episodio centrale:
la presa della fortezza da parte di Pugacëv.
Mironov e la moglie
sono uccisi dai ribelli, Grinëv viene inesplicabilmente graziato
da Pugacëv, che pure ha al fianco un antico nemico di Grinëv,
il disertore Svabrin.
Venuto a sapere che Masha, creduta morta,
è invece prigioniera di Svabrin, Grinëv ottiene da Pugacëv,
che è poi il contadino incontrato nella tormenta, Masha,
la vita salva e la libertà. Svabrin lo denuncia per collusione
con i ribelli. Grinëv arrestato, rischia la pena di morte.
Lo salva Masha che, superata ogni timidezza, va a Pietroburgo e
ottiene la grazia dalla zarina Caterina II, che riesce a convincere
dell'innocenza dell'alfiere. Il conciso realismo di questo racconto,
sottilmente ironico, diede alla narrativa russa una stimolante alternativa
allo splendore ornamentale di Gogol'.
Il teatro
Al teatro Puskin diede il grande affresco drammatico in prosa e
in versi Boris Godunov. Composto nel 1825 (pubblicato nel 1831),
è il primo tentativo russo di tragedia romanticista, in senso
shakespeariano. Il soggetto è ripreso dalla Storia di Karamzin.
Quattro microdrammi in versi sono: Mozart e Salieri, Il festino
durante la peste, Il cavaliere avaro, Il convitato di pietra (1830),
nei quali Puskin affronta con una scrittura splendidamente disadorna
alcuni nodi di intensa drammaticità psicologica.
Restano anche frammenti di opere incompiute, come il dramma Rusalka,
il romanzo Dubrovskij. Tra i saggi è la Storia della rivolta
di Pugacëv (1834), mirabile esempio di letteratura storico-narrativa.
Viaggio a Arzrum (1836) è un resoconto di viaggio fatto sul
fronte caucasico nel 1829. Fitto e illuminante il suo Epistolario.
PUSKIN
E SAN PIETROBURGO
Il Caffé di Puskin
Al numero 18 della Prospettiva Nevskij si trova il celebre Caffè
Wulf, frequentato da Puskin e un po' da tutti gli intellettuali
di San Pietroburgo.
Il Teatro accademico di prosa A.Puskin
In fondo alla piazza Ostrovskogo (plocad' Ostrovskogo 2),
dietro allimponente monumento a Caterina II, si trova il Teatro
accademico di prosa A.Puskin (meglio noto come Teatro Aleksandrinskij),
di stile impero, da molti ritenuto un capolavoro. Il suo insieme
architettonico, creato in stile del classicismo russo su progetto
di Carlo Rossi, è uno dei più belli ed armoniosi di
San Pietroburgo.
Il teatro fu chiamato Aleksandrinskij in onore
della moglie dell'imperatore Nicola I, Aleksandra. Nel 1937, l'anno
del centenario della morte di A. Puskin, al teatro fu attribuito
il nome del grande poeta nazionale. Il teatro è uno dei più
famosi di San Pietroburgo. Il suo repertorio è composto da
spettacoli di drammaturgia di autori classici russi e stranieri.
Solo ultimamente in questo teatro vengono rappresentati anche balletti.
Gli spettacoli, nei giorni feriali, iniziano alle 19.00. Il sabato,
la domenica e nei giorni festivi alle 18.00. La stazione della metropolitana
più vicina è "Gostinij dvor".
La
città Puskin
Nelle vicinanze di San Pietroburgo, si trova la città di
Puskin. Ha non solo i suoi conosciutissimi palazzi e parchi, ma
soprattutto il memoriale, intitolato al famoso poeta russo Puskin,
della sua vita trascorsa in questa città. Alexander Puskin
trascorse infatti la sua giovinezza al Liceo di questo paese.
La
tipica architettura delle costruzioni ed i paesaggi dei parchi sono
stati una delle sorgenti di ispirazione per i suoi poemi di quegli
anni.
La statua di Puskin
Di fronte al Museo Russo, al centro della tranquilla ploshad Iskusstv
(che deve il suo nome al gran numero di musei e sale da concerto
che ospita) è possibile ammirare una statua di Puskin, eretta
nel 1957.
LAppartamento-Museo Puskin
Puskin morì in questa casa nei pressi del fiume Moyka (Nabereznaia
Reki Mojki al numero 12) nel 1837, dopo un duello con il Barone
dAnthes che aveva pubblicamente importunato la bella moglie
di Puskin, Natalia. Il fatto sembra fosse stato in qualche modo
voluto dallo zar Nicola I, il quale non amava il poeta radicale
e che, pare, avrebbe potuto essere uno spasimante di Natalia.
Il museo comprende una visita guidata in lingua russa (le visite
guidate in lingua inglese devono essere concordate in anticipo).
Lappartamento è stato ricostruito in modo da essere
identico, in tutto e per tutto, a come si presentava durante gli
ultimi giorni durante i quali il poeta visse. Per i visitatori più
'convinti' in esposizione si trovano il biglietto ingiurioso che
diede origine al duello mortale e
la maschera mortuaria di
Puskin, una ciocca dei suoi capelli e il panciotto che indossava
quando morì.
Nab reki Moyki 12
10.30-18 da mercoledì a domenica
La
Casa di Puskin
Ledificio della Vecchia Dogana, sormontato da alcune statue
e da una cupola, è oggi comunemente noto come Casa di Puskin e ospita lIstituto di Letteratura russa e un Museo Letterario,
con mostre su Tolstoj, Gogol, Lermontov, Turgenev, Gorkij
e altri. Gli archivi del museo contengono la raccolta di manoscritti
russi medievali più ricca del mondo. I custodi non sono molto
ben disposti nei confronti di visitatori di passaggio; telefonate
per prenotare una visita guidata in inglese o in russo.
www.pushkinhouse.spb.ru
nab Makarova 4
10-16 da lunedì a venerdì
Sito del duello di Puskin
Questo luogo è meta di un pellegrinaggio letterario da parte
di coloro che piangono la morte del genio poetico russo Alexander
Puskin, assurdamente ucciso in un duello dal nobile francese Georges
dAntès nel 1837.
In questi due secoli la vicenda si
è ammantata di risvolti quasi mitici. Il 27 gennaio, dopo
aver consumato il suo ultimo pasto al Literatornoye Kafe su Nevsky
prospekt, Puskin raggiunge su una slitta questo luogo remoto per
incontrare il suo avversario.
DAntès, un nobile accusato
da intere generazioni di storici russi di essere un agente dello
zar, un omosessuale e una spia (o forse tutte e tre le cose insieme)
aveva fatto delle avances in pubblico a Natalia Goncharova, la moglie
di Puskin. Per difendere il proprio onore, il poeta sfidò
a duello il francese in questo luogo, nel Kolomyazhsky prospekt.
Gravemente ferito, Puskin morì dopo due giorni di agonia
nel suo appartamento sulla Moyka.
Sul luogo in cui fu colpito sorge
oggi un monumento di marmo dove ci sono sempre dei fiori freschi.
A San Pietroburgo sulle tracce di Puskin
Il
punto di partenza è obbligato: piazza dei Decabristi, sulla
riva della Neva, davanti al monumento a Pietro il Grande.
Il turista
che vuole visitare San Pietroburgo seguendo le tracce di Aleksander
Puskin (lautore di Boris Godunov, Eugeni Oneghin, La dama
di picche, La figlia del capitano) deve partire da qui, davanti
al celebre Cavaliere di Bronzo al quale Puskin dedicò
uno dei suoi poemi più famosi. La statua venne realizzata
da Etienne Falconet nel 1778: lo zar fondatore di San Pietroburgo
è a cavallo, ha una corona dalloro sul capo, e sotto
gli zoccoli del suo destriero cè un serpente a significare
la sua vittoria sugli svedesi.
Puskin ne ha fatto il protagonista
del suo onirico poema Il Cavaliere di Bronzo dove il povero Eugenio
sconvolto da una piena della Neva immagina che la statua scenda
dalla roccia che gli fa da piedistallo e lo insegua per la città:
il mattino dopo Eugenio verrà trovato morto.
Leggenda vuole
che finché la statua rimarrà al suo posto la città
non correrà alcun pericolo. Così i cittadini di San
Pietroburgo vengono qui a farsi fotografare il giorno del matrimonio.
Da qui potete provare a ripercorrere la stessa strada che faceva
Puskin per andare a casa: costeggiate la Neva fino allErmitage,
poi attraversate la piazza del Palazzo e seguite il corso del canale
Mojka, al n. 12 cè la casa dove Puskin abitò
per poco più di un anno e dove morì il 29 gennaio
1837. Lappartamento al pianterreno, undici stanze con vista
sul canale, ora è il Muzej Kvartira Puskin (Museo Appartamento
Puskin).
Prima di entrare nellappartamento vero e proprio
dovete sottoporvi al tradizionale rito da museo russo: ovvero infilare
le vostre scarpe in quelle buffe pattine con elastico che vi impediranno
di sciupare il pavimento. Al pianterreno ci sono bacheche con disegni
e schizzi di Puskin (era anche un abile disegnatore), copie delle
pistole del duello, e la celebre lettera che lo nominava gran
maestro dellordine dei cornuti: da lì partirà
la sfida a duello a Georges DAnthès il corteggiatore
di sua moglie (in valigia dovete assolutamente avere "Il bottone"
di Puskin di Serena Vitale che vi farà da viatico letterario).
Al primo piano cè il salotto con il pianoforte e sopra
gli spartiti di Don Giovanni e Norma, i ritratti di famiglia, il
calice con il quale brindò dopo il matrimonio con Natalja.
Proprio al centro dellappartamento, con vista sul canale,
cè il suo studio: una biblioteca con più di
4000 volumi, la sua poltrona in cuoio rosso, il porta inchiostro
sulla scrivania, a una parete una spada donatagli dal governo turco.
Lultima stanzina, prima di uscire, ha in una bacheca il gilet
nero che indossò nel duello, un guanto (laltro è
nella bara), la candela usata nella cerimonia funebre e la maschera
mortuaria. Al piccolo shop di souvenir ci sono piccoli quaderni
con lo schizzo del suo autoritratto, riproduzioni un po kitsch
del suo monumento, ma se, emozionati dallaver condiviso per
qualche minuto la vostra vita con i cimeli del grande autore, vi
vien voglia di leggere qualcuna delle sue opere dovete aspettare
il rientro in Italia perché i libri sono tutti in russo.
Prima
dellultima tappa, se la puskinite non vi lascia
scampo, dovreste almeno rendere omaggio al monumento a Puskin (con
il braccio destro poeticamente alzato) che troneggia davanti al
Museo Russo (dove cè una straordinaria collezione di
icone) in piazza delle Arti. Da lì, dando le spalle al monumento,
lasciate alla vostra sinistra la sede della Filarmonica di San Pietroburgo,
alla vostra destra il Grand Hotel Europe ed entrate, girando a destra,
nella Prospettiva Nevskij: al n. 18 cè il Caffè
Letterario, ex Wolff et Béranger, dove il 27 gennaio 1837
Puskin incontrò il suo testimone Danzas.
Sotto le volte a
botte e tra i velluti potete mangiare (la cucina è ottima)
o prendere semplicemente un caffè; da una saletta più
piccola vi giungerà il suono di un pianoforte e di una cantante
(sul conto ci sarà un piccolo sovrapprezzo musicale),
ma se siete andati a San Pietroburgo anche per rendere omaggio al
mito Puskin non potrete non farvi scattare una foto accanto a un
tenebroso avventore che cè in una saletta di passaggio:
ha un abito bordeaux, una penna in mano e un cilindro nero sul tavolo,
è la statua di cera del poeta, cristallizzato per sempre
pochi attimi prima di recarsi a Cernaja Recka, dove troverà
la morte, ucciso in duello (come Lenskij nel suo Eugeni Oneghin)
da Georges DAnthès.
PUSKIN E LITALIA
Monumento a Roma
In Viale Madama Letizia a Roma, dono della città di Mosca,
nel 2000 fu inaugurata una statua di Puskin. Il monumento è
opera dello scultore russo Yuri Orekhov.
Scuola media di lingua russa a Milano
A Milano, in Via Melzi dEril 9, la scuola russa, diretta
dalla professoressa Elina Viktorovna, si chiama proprio A.
S. Pushkin.
Convegno internazionale di studi sul tema Puskin europeo
Nell'ottobre del 1998, questo Convegno si è proposto come
introduzione e atto iniziale delle manifestazioni promosse in ogni
parte del mondo e soprattutto in Russia per celebrare il bicentenario
della nascita del grande poeta (1799-1837).
Voluto dalla Fondazione
Giorgio Cini e dall'accademia Nazionale dei Lincei, questo incontro
di studio, svoltosi parte a Roma e parte a Venezia, ha visto la
partecipazione di alcuni fra i maggiori slavisti e studiosi internazionali
di Puskin, concordi nel sottolineare i forti legami della sua vita
e delle sue opere con la cultura europea occidentale e insieme con
lo spirito russo.
Così appunto Vittorio Strada nellintroduzione,
e così per più specifici aspetti gli altri interventi,
intesi a illustrare i suoi rapporti con la Bibbia e il cristianesimo,
con la musica e con il genere «romanzo», con l'Italia
e la lingua italiana, o con la Francia e Lamartine. Si aggiungono
corpose indagini sul contesto storico-culturale del primo Ottocento
russo - tra eredità illuministica, decabristi e tramonto
del «razionalismo retorico» - e infine alcune esplorazioni
della sterminata bibliografia puskiniana, sia per quanto riguarda
gli studi critici o le traduzioni di sue opere in prosa e in versi
apparse in Italia, sia per il riflesso che esse hanno avuto in vari
momenti importanti della storia del cinema.
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Todd W. M., The familiar letter as a literary genre in the age of
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