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PIOTR ILICH CHAIKOVSKIJ

La natura mi ha dotato di un talento
musicale nel quale credo, del quale
non dubito, di cui vado orgoglioso,
anche soltanto perché la mia musica
reca conforto e piacere a persone come Voi.

VITA

PIOTR ILICH CHAIKOVSKIJI primi anni


Piotr Ilich Chaikovsky nacque il 7 maggio 1840 in una cittadina chiamata Kamsko-Votkinsk, nel governatorato di Vjatka (a circa un migliaio di chilometri da Mosca).
Suo padre fu ingegnere minerario e in seguito dirigente d'azienda, la madre aveva origini francesi. Sin dall'infanzia venne istruito dalla governante di casa, Fanny Durbach, che subito comprese la personalità del giovane seguendone con amore e passione tutti i suoi progressi. Dalla madre Piotr ereditò, sin dalla prima giovinezza, insieme ad una spiccata sensibilità personale, anche la passione per il pianoforte. Tuttavia solo dal 1861 Chaikovskij decise di dedicarsi completamente alla musica: prima di allora studiò Giurisprudenza a San Pietroburgo, dove la famiglia era andata ad abitare dal 1852.

Nel 1854 la morte per colera della madre fu per Chaikovski un'esperienza gravemente dolorosa, poiché era a lei legato da profondo affetto. Dal 1859 al 1861 Cajkovskij trovò impiego al Ministero della Giustizia, che abbandonò dopo pochi anni per seguire le sue aspirazioni artistiche: nel 1862 studiò al conservatorio di San Pietroburgo nella classe di composizione di Anton Rubinstein.
Le idee innovative di Rubinstein in fatto di musica trovano subito in Ciaikovski una personalità artistica dalle grandi promesse, e già dalle prime sue composizioni traspirava un prodigioso talento musicale. Nel 1866, infatti, ottiene la cattedra di armonia all'appena fondato Conservatorio di Mosca, che avrebbe conservato fino al 1876 quando, aiutato dal generoso sostegno economico da parte di un'ammiratrice, si dedicherà completamente alla composizione. Uno dei suoi allievi fu, tra gli altri, Rimsky-Korsakov.

Da insegnante Tschaikovsky creò la maggior parte delle sue composizioni, tra cui la Prima Sinfonia, l'Ouverture festiva sull'inno nazionale danese e le opere Voivoda e Ondina. Nel poema sinfonico Fatum traspaiono diversi riferimenti autobiografici, in particolare quelli legati all'unica vicenda sentimentale della sua vita con la cantante Désirée Artôt, che si era conclusa in pochi mesi (1868).


Le esperienze in Russia

Nel 1869 nacque Romeo e Giulietta, uno dei capolavori di Ciaikovskij, su consiglio di Balakirev, capo del famoso "Gruppo dei Cinque"; e proprio il supporto entusiasta del gruppo di compositori della scuola nazionale, diede l'idea per una Seconda Sinfonia ("Piccola Russia") nel 1873. Ma già nel 1871 Tschaikovski incontrava il successo fuori dalla Russia con il suo Primo quartetto per archi: una serie di commissioni faranno spostare al 1872 la stesura finale dell'Opricnik, incominciata nel 1870 - tuttavia criticata aspramente da Tchaikovsky ma che, essendo già stati venduti i diritti d'autore, non poté distruggere.

Il 1873 vede la nascita, oltre che della Seconda Sinfonia, anche della musica di scena per La fanciulla di neve di Ostrovskij e l'inizio della fantasia sinfonica La Tempesta. L'anno successivo compose in pochi mesi Il fabbro Vakula, rielaborao nel 1885 per essere poi ribattezzato I cerevicki. Ciaikovskij
I critici considerano questo periodo l'apice del suo nazionalismo, un nazionalismo che tanto ha impegnato Ciaikovsky ma che fu destinato a cadere dopo le critiche di Rubinstein per il Primo Concerto per pianoforte e orchestra.

La Terza Sinfonia (1875) fu per questo motivo ispirata alla terza sinfonia di Schumann, che era il compositore romantico preferito da Tchaikovski.

Nello stesso tempo, cominciò la stesura del balletto Il Lago dei Cigni, che conseguì un completo fallimento nell'anno della sua prima rappresentazione, il 1876. Successivamente a Le Stagioni, una serie di piccoli concerti per pianoforte, si notarono le prime manifestazioni della crisi emotiva di Czaikowski nel Terzo Quartetto per archi, iniziato durante il soggiorno a Parigi.

Il legame tra la musica e le lacerazioni psicologiche dell'autore vennero però ancora meglio a delinearsi nella fantasia sinfonica Francesca da Rimini, ispirata ad un episodio dell'Inferno di Dante; alla fine dello stesso anno, il 1876, si ebbe la composizione di Variazioni su un tema rococò.
In quel periodo Chaikovsky ricevette una lettera da parte di Nadezda Filaretovna von Meck, una sua grandissima ammiratrice, inaugurando così una corrispondenza che durerà per oltre 14 anni, durante i quali i due si confesseranno ogni più recondito pensiero. Pochi sapevano di questa lunga corrispondenza, anche perché entrambi avevano espresso il desiderio di non incontrarsi mai di persona: l'uno doveva rimanere per l'altra una figura ideale, alla quale poter esprimere i propri tormenti interiori, in una sorta di reciproca liberazione dai dolori più intimi.

Ma un'altra figura femminile era destinata ad entrare nella vita del musicista, dopo l'esperienza fallita con Désirée Artot del '68. Nel luglio del 1877, infatti, gli venne recapitata una lettera da un'altra ammiratrice, Antonina Miljukova, la quale confessava di amarlo segretamente da molti anni, dal tempo del Conservatorio. Chaikovskij però, preso com'era dalla composizione della sua nuova opera ispirata all'Evgeni Onegin di Puskin, si dimenticò presto della lettera: qualche mese dopo, mentre scriveva la musica per la scena in cui l'eroina Tatjana scrive una lettera d'amore ad Onegin (che la respingerà), ricevette una seconda lettera d'amore da parte di questa nuova ammiratrice. Un parallelo così strano tra la sua vita e la musica che andava componendo non andava sottovalutato, e Chaikovski decise di incontrare Antonina; dopo averla avvertita che non sarebbe riuscito ad amarla, tuttavia l'avrebbe sposata se solo lei l'avesse chiesto: questo avrebbe contribuito ad allontanare le voci che la gente mormorava circa la sua omosessualità.
Iniziò così un'esperienza durata solo tre settimane: il matrimonio si sfaldò subito e si concluse drammaticamente. Disperato per l'avversione fisica nei confronti di Antonina, Cajkovskij tentò il suicidio, ma poi, spinto dal fratello, che lo aveva trovato in uno stato prossimo al delirio, andò a curarsi in Svizzera; la moglie, invece, venne internata in un manicomio.

Da questa drammatica esperienza uscì la Quarta sinfonia, nella quale Ciaikovski esprime in maniera ampia e intensa il proprio dissidio interiore, di cui fu al corrente Nadezda che riuscì sempre a sostenerlo nei momenti più cupi.


Lontano da casa

Tschaikovsky
Nel 1878 Tschaikovsky rassegnò le dimissioni dal Conservatorio, e negli anni seguenti, grazie alla relativa sicurezza economica della von Meck, trascorse molto tempo all'estero; tornerà a Mosca o a San Pietroburgo solamente per sbrigare questioni familiari o sulla sua attività da musicista.

I critici ritengono che, con l'esperienza terribile del matrimonio, venne ad interrompersi, in Ciaikovskij «quella felice sintesi fra intelligenza creativa ed emotività, fatta di sensazioni gioiose e struggenti, che aveva caratterizzato le migliori opere giovanili».
I più significativi lavori di questo periodo sono il Concerto per violino, le prime tre Suites per orchestra, la Sonata per pianoforte, iniziata contemporaneamente al Concerto per violino e la Serenata per archi (1880). Il fallimento della Pulzella d'Orléans (1879) venne riscattato dal successo di un'altra opera, la Mazeppa, in cui si compie parziale ritorno alla musica nazionale. Sempre su ispirazione nazionalistica, abbiamo nel 1880 la creazione dell'Ouverture solennelle 1812; alla fine dello stesso anno, quasi in contrasto con l'ouverture che esaltava la vittoria russa su Napoleone, viene composto il Capriccio Italiano, frutto dei sentimenti nati nel musicista durante il viaggio in Italia.

Merita una citazione a parte la composizione corale Liturgia di S. Giovanni Crisosotomo, composta nel 1878. In Russia l'esecuzione della musica sacra era monopolizzata e controllata dalla Cappella Reale: Tschaikovski si era avventurato in questo campo "proibito", e soltanto dopo una faticosa battaglia legale verso la stessa Cappella riuscì a far eseguire la sua opera.

Per la Mazeppa, Tchaikovsky ottenne dallo zar un'importante onorificenza, che rappresentò una sorta di riabilitazione all'interno della società russa: dopo lo scandalo del suo matrimonio, infatti, Ciaikovsky aveva preferito allontanarsi dalla Russia. Da allora il successo in patria e all'estero continuò a crescere, e il compositore ritrovò quella fiducia in se stesso che aveva perduto negli anni della "crisi"; la sua posizione sociale si consolidò, e questo gli permise di acquistare una casa a Maidanova, presso Mosca, dove trascorse il rimanente della propria esistenza.

Tra il 1884 e il 1887 produsse opere di notevole interesse, come la Terza Suite, la sinfonia Manfred e l'opera La Maliarda. Dopo le prime 4 repliche della Maliarda, Tchaikovski partì per una tournée come direttore d'orchestra in Europa. In Germania, paese in cui fu accolto trionfalmente, egli incontrò Brahms, Grieg e riallacciò i rapporti con Désirée Artot. Il compositore nutriva scarsa considerazione per la musica di Brahms e si sentiva a disagio in sua compagnia, sebbene Brahms facesse ogni sforzo possibile per mostrarsi affidabile. Diresse concerti anche in Francia e in Inghilterra, poi rientrò in Russia nell'aprile 1888 dove intraprese la composizione della Quinta Sinfonia; prima di terminarla iniziò anche la mirabile ouverture fantasia Amleto.


Gli ultimi capolavori

CzaikowskiDurante l'ultimo periodo della sua vita, Czaikowski concentrò le proprie energie creative sulle opere destinate al teatro; il balletto La bella addormentata, terminato nel settembre 1889, è uno dei suoi capolavori. La successiva composizione, La dama di picche, fu composta durante una visita a Firenze all'inizio del 1890. Nell'ottobre dello stesso anno, però, la von Meck gli scrisse improvvisamente che era entrata in bancarotta e che non avrebbe più potuto versagli l'annuale vitalizio: egli non aveva più bisogno del suo aiuto finanziario, ma rimase profondamente colpito quando apprese che ella non era affatto incorsa in un fallimento, e che semplicemente non aveva più intenzione di rispondere alle sue lettere.

Sulla scena internazionale i riconoscimenti crescevano con passi da gigante. Nella primavera 1891 Chaikovsky attraversò gli Stati Uniti festeggiato ovunque; la sua visita fu però funestata dalla triste notizia della morte della cara sorella Sasa: ne giunse a conoscenza casualmente, durante la lettura di un giornale. Venne quindi eletto membro corrispondente dell'Académie Française e nel 1893 ricevette dall'Università di Cambridge la laurea in musica honoris causa.

Ovunque le sue tournées, durante le quali egli diresse le proprie musiche, si rivelarono un grande successo personale. Questo contrasto tra il crescente successo esteriore e la sempre più profonda amarezza interiore, si riflette, secondo alcuni critici, nelle ultime musiche: il «rutilante balletto Lo Schiaccianoci contiene alcuni fra i brani più gioiosi di Chaikovskij, tuttavia la sostanza della musica è scarsa, talvolta banale, e questo balletto, come l'ultima opera Iolanta, non è fra le cose migliori di Cajkovskij».

Fu però nella sua sesta ed ultima sinfonia, la Patetica, che Chaikovski mostrò la sua vera essenza degli ultimi anni: un violento arcobaleno di sentimenti interiori, di drammi e di sofferenze, ma anche di gioia e passione. La Sesta Sinfonia venne eseguita per la prima volta il 28 ottobre 1893: nove giorni dopo Cajkovskij moriva di colera.


La morte

Il grandioso funerale a San Pietroburgo fu seguito da sessantamila persone: lo zar Aleksandr III lo organizzò a spese della Corte Imperiale in Tschaikovsky segno di riconoscenza per il genio del compositore scomparso; il servizio funebre ebbe luogo nella Cattedrale di Kazan, onore riservato per la prima volta ad un cittadino comune. Fu sepolto accanto alla tomba di Glinka, nel cimitero Tichvin, presso il Monastero Aleksandr Nevskij.

Ciaikovski bevve l'acqua il 1 novembre e si sentì male il giorno dopo (ciò ci è documentato da un consulto medico). Morì alle 3 del 6 novembre. Si ritiene probabile l'ipotesi del suicidio per crisi depressiva: Tschaikovsky pensò già al suicidio all'età di 10 anni, ritenendo di aver contagiato un suo amico che era morto di scarlattina; lo tentò anche nel 1877 immergendosi nella Moskova in pieno ottobre; infine nel 1893, momento in cui si trovava in piena crisi depressiva dal momento che tre anni prima si era rotto il legame con la von Meck, due anni prima era morta la sorella Sasha, alla quale era molto legato, e nel corso dell'anno erano morti altri amici a lui molto cari.

L'ipotesi di un suicidio imposto per assunzione di veleno venne formulato per la prima volta da Aleksandra Orlova: tale ipotesi, sebbene suggestiva, risulta però essere poco credibile: l'omosessualità in Russia era infatti molto diffusa e tacitamente tollerata anche a corte. Le rivelazioni della Orlova furono infatti accolte con diverse reazioni: David Brown accredita la sua versione dei fatti, consacrandola di fatto nella biografia di Ciaikovskij nella nuova edizione del Grove. Per contro, sia negli Stati Uniti sia in Unione Sovietica, si ebbero reazioni negative in ambito musicologico. Nel 1981 tre slavisti americani, la Berberova, M. Brown e Kariinsky impugnarono le tesi della Orlova, con conseguente replica e controreplica. Fece sentire la sua voce in Unione Sovietica la giornalista Olga Cajkovskaja su Novij mir nell'ottobre 1986, denunciando «la inammissibilità di qualsiasi indagine nella sfera privata di un genio come Tschaikovski.» Tutte queste opinioni contrarie hanno trovato un punto d'incontro nell'ampio articolo di Alexander Poznansky nella rivista 19. Century Music della primavera 1988, nella quale ci si riconduceva alla verità "ufficiale" dell'autunno 1893 a San Pietroburgo.


OPERE


Il lago dei cigni

Il soggetto

Balletto in quattro atti di Vladimir Petrovic Begicev e Vasil Fedorovic Gelcer
Musica di Piotr Ilich Tchaikovsky
Prima coreografia di Julius Wenzel Reisinger 1877
Coreografia originale di Lev Ivanov e Marius Petipa 1895

Il lago dei cigniATTO I° - L'amore ideale di Sigfried
Nel parco del suo castello il principe Siegfried festeggia il suo ventunesimo compleanno. Il precettore Wolfgang introduce gli ospiti. La regina madre entra e rimprovera il figlio amorevolmente comunicandogli che è ormai giunto il momento di scegliere una fidanzata tra le ragazze che ella ha invitato alla festa.
Terminati i festeggiamenti Siegfried, rimasto solo, è turbato e pensieroso. Il precettore cerca di riportarlo alla realtà ma egli continua a sognare il suo amore ideale.
ATTO II° - Odette
Siegfried va a caccia con gli amici nei pressi del lago. Cigni bianchi vengono presi di mira dai cacciatori. Il principe, rimasto solo, punta la sua faretra verso uno splendido cigno bianco che fa da guida agli altri. Il cigno, che nel frattempo si è trasformato in una fanciulla, gli confida di essere la principessa Odette trasformata in cigno, come le altre fanciulle, dal mago Rothbart. L'incantesimo potrà essere spezzato solo il giorno in cui qualcuno le giurerà eterno amore. Siegfried promette a Odette di salvarla e la prega di partecipare alla festa durante la quale sceglierà la sua sposa. Ma Odette non può perchè è un cigno. Il giovane, allora, le giura amore eterno affermando che non sposerà nessun'altra che lei.
E' giunta l'alba, Rothbart richiama nel lago Odette e le compagne che si trasformano nuovamente in cigni.
ATTO III° - Odile
Nella sala da ballo del castello iniziano i festeggiamenti. Entrano la regina madre e Siegfried seguiti da sei damigelle che aspirano alla mano del principe. Egli però le rifiuta finchè non giunge il barone Rothbart con sua figlia Odile le cui sembianze sono identiche a quelle di Odette. Siegfried, soggiogato dalla fanciulla che danza con lui, la chiede in sposa. Rothbart trionfa per lo spergiuro di Siegfried che, disperato, fugge verso il lago.
ATTO IV° - Uniti per sempre
Sulle rive del lago le fanciulle cigno sono tristi per Odette che piange per il destino a cui è stata condannata. Giunge Siegfrid che, disperato e pentito per il tradimento, implora il suo perdono. Odette sta morendo. I due innamorati si immergono nelle acque del lago, sconvolte dalla tempesta scatenata da Rothbart, che li sommergono ma i loro spiriti uniti si levano al di sopra del lago tornato calmo.

Gli interpreti

La prima grande donna-cigno fu Pierina Legnani, ballerina milanese amatissima dal pubblico russo, che per il suo virtuosismo tecnico fu una Il lago dei cignidelle preferite di Marius Petipa. Fu lei infatti a introdurre nel ruolo di Odette i 32 fouettées del III° atto dando sfogio di tutta la sua abilità tecnica. Altra curiosità: la Legnani ballò la "prima" del "Lago" (1895) con il famoso, ma ormai anziano, ballerino Pavel Gerdt che non era più in grado di sostenerla così che Ivanov trasformò il pas de deux del II° atto in un pas de deux à trois al quale prendeva parte anche l'amico del principe.
Se il virtuosismo fu la caratterizzazione principale che la Legnani dette al suo personaggio le étoiles che ricoprirono il ruolo successivamente privilegiarono in Odile/Odette la bivalenza tecnica interpretativa e l'espressività. Così Olga Spesivceva, considerata una delle più grandi ballerine classiche di tutti i tempi ed interprete sublime del "Lago", o la lunare e armoniosa Anna Pavlova come altre splendide ballerine quali Alicia Markova e Galina Ulanova e, ancora, Margot Fonteyn, Maja Plisetzkaja, ironico e furioso cigno nero, Natalia Makarova, cigno candido d'incanto.
Odette dalle braccia che fremono nervose e struggenti e dal capo reclinato o Odile dai movimenti seducenti e aggressivi rappresentano l'immagine cardine della storia della danza per il fascino che emana da questa donna-cigno in perenne metamorfosi. Il "Lago" ha mantenuto così fino ad oggi il più grande favore popolare in qualsiasi angolo del mondo viene messo in scena grazie anche alle sue ultime interpreti tra le quali spicca una splendida stella: Sylvie Guillem.

 

La bella addormentata

Un Ballet-féerie

La bella addormentataNel 1888 il Principe Vsevolozkij, Sovrintendente dei teatri imperiali di San Pietroburgo, commissionò a Ciaikovskij un grande balletto celebrativo e gli propose un libretto, da lui stesso composto, tratto dalla fiaba di Charles Perrault "La bella addormentata", affidando nello stesso tempo la coreografia e l'intero progetto da mettere in scena a Marius Petipa. Il grande coreografo non si limitò a redigere la trama del balletto e a comporre le coreografie ma intervenne con numerose richieste sulla musica coadiuvato da Ciaikovsky che non si sentì per niente sminuito dalla pressione di Petipa bensì fu ancor più stimolato e fece scorrere con grande fervore la sua vena melodica secondo le esigenze della composizione coreografica. La supervisione della produzione però fu di Vsevolozkij che fu anche l'autore dei bozzetti dei costumi che volle sfarzosissimi così come le scene affidate a ben cinque scenografi (Ivan Andreev, Michail Bocharov, Konstantin Ivanov, Henryk Levogt, Matvei Sisk), i quali si ispirarono alle illustrazioni di Gustav Doré per le favole di Perrault. Le spese per quella prima edizione furono elevatissime tanto che impegnarono un quarto del bilancio delle produzioni del Mariinskij del 1890.
Il debutto della "Bella Addormentata", con direttore d'orchestra Riccardo Drigo, ebbe luogo il 3 gennaio 1890 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo con l'italiana Carlotta Brianza nel ruolo di Aurora, Pavel Gerdt (il Principe), Enrico Cecchetti (Carabosse e l'Uccello blu), Marie Petipa, figlia del coreografo, la Fata dei Lillà (ruolo interpretato allora in forma mimica e solo dal 1922 sulle punte). Lo spettacolo ebbe un successo strepitoso e conquistò gli spettatori e la critica. Oggi può definirsi il monumento, l'apoteosi del balletto perchè la coreografia è costellata da autentici pezzi di bravura che richiedono una grande abilità virtuosistica e purissima tecnica accademica: un banco di prova affascinante e temibile per ogni corpo di ballo.

Versioni successive

Molte versioni si sono succedute a quella di Petipa. In ambito russo quella moscovita di Alexandre Gorsky (1899), di Lopokov (1922), di Assaf Messerer (1936), di Jurij Grigorovic (1963). In Occidente il balletto fu presentato al Teatro Alhambra di Londra il 2 novembre 1921 da Nicholas Serghiev con i Balletti Russi di Diaghilev col titolo "The Sleeping Princess". Aurora in quell'edizione fu Olga Spesivzeva e il Principe Pierre Vladimorov. La prima Aurora, Carlotta Brianza, ormai cinquantaquattrenne, interpretò in quell'occasione Carabosse. Nel 1955 fu allestita la versione a cura di Mary Skeaping per il Balletto Reale svedese e nel 1960 fu la volta di quella di Robert Helpmann, già interprete con Margot Fonteyn di precedenti edizioni di Serghiev, con l'International Ballet del Marchese de Cuevas. E' del 1966 l'edizione innovatrice di Rudolf Nureyev con Carla Fracci alla Scala di Milano che, pur rispettando la coreografia originale di Petipa, apportò delle innovazioni che contemplavano la duplicazione del ruolo della Fata dei Lillà e l'ampliamento del ruolo del Principe. A questa si sono succedute quelle di Roland Petit (1990), di Anthony Dowell (1994) e di Mats Ek (1996) che ambienta la storia ai giorni nostri trasformando Aurora in un'adolescente ribelle che si punge con l'ago della siringa utilizzata per la droga ma il bene anche qui come in tutte le favole trionfa.

Nella reggia di re Floristano si festeggia la nascita della principessina Aurora. Il maestro delle ceremonie, Catalabutte, introduce gli invitati e dà inizio ai festeggiamenti. Entrano sette fate con i rispettivi cavalieri che offrono doni e buoni auspici alla neonata. La festa è al culmine quando arriva furibonda la maga Carabosse, involontariamente non invitata alla cerimonia. Anche lei ha portato un dono alla piccola Aurora ma il suo dono è una maledizione: quando compirà sedici anni si pungerà con un fuso e morirà. La dolce Fata dei Lillà, che ancora deve porgere il suo dono alla neonata, predice alla piccola che quel giorno non morrà ma si addormenterà sino a quando non sarà destata dal bacio di un principe.

Il soggetto

ATTO I°La bella addormentata
Sono passati sedici anni ed è il giorno del compleanno di Aurora. Catalabutte nota tre vecchie che filano all'esterno del palazzo e ordina che siano condotte in prigione in quanto dal giorno della maledizione della maga tutti gli aghi sono stati messi al bando. Il re e la regina, sopraggiunti, fanno un atto di clemenza in omaggio alla festa della figlia. Inizia la festa di compleanno, alla quale partecipano quattro principi, pretendenti alla mano della principessa. Aurora danza con loro accettando la rosa che le offrono. Giunge una vecchia che le porta in dono un fuso con il quale ella si punge e cade a terra come morta. La vecchia è la maga Carabosse che esulta per aver raggiunto il suo scopo ma la Fata dei Lillà per incanto fa addormentare tutta la corte e circonda la reggia con una fitta foresta.

ATTO II°
Sono trascorsi cento anni. In un bosco si sta svolgendo una battuta di caccia alla quale partecipa il principe Desiré che, rimasto solo, si aggira pensoso quando gli appare la Fata dei Lillà che gli racconta la storia della principessa Aurora. Come in una visione il giovane vede la fanciulla addormentata e se ne innamora perdutamente implorando la fata di condurlo dalla principessa. Il principe giunge nella foresta, entra nel castello incantato e quando vede la bella addormentata la bacia dolcemente sulla bocca. Aurora si risveglia e d'incanto tutta la corte riprende a vivere. La principessa conduce Desirè dal re e dalla regina che benedicono le nozze dei due innamorati.

ATTO III°
E' il giorno delle nozze di Aurora e Desiré e tutta la corte festeggia gli sposi. Vengono presentati i doni e si alternano nelle danze i personaggi delle favole più famose: il Gatto con gli stivali e il Gatto bianco, Cenerentola e il Principe, l'Uccello Blù e Florina, Capuccetto Rosso e il Lupo, Pollicino e l'Orco. La festa si conclude con la danza dei due giovani sposi raggianti per avere coronato il loro sogno d'amore.


Lo schiaccianoci

Lo schiaccianociSull'onda del successo della "Bella addormentata" Marius Petipa volle continuare la sua collaborazione con Ciaikovsky, cui propose di predisporre la musica per un nuovo balletto da mettere in scena per la stagione 1892. L'occasione fu offerta dal principe Vsevolojskij, direttore dei teatri imperiali, che suggerì come soggetto "Schiaccianoci e il re dei topi", un racconto di E.T.A. Hoffmann, da lui letto nella traduzione francese e libera versione di Alexandre Dumas padre. All'inizio il compositore non fu molto entusiasta del soggetto ma Petipa seppe convincerlo del contrario elaborando un libretto dove la vicenda rimaneva in secondo piano rispetto all'atmosfera magica che ne venne fuori ed in cui sentimento, amore, sogno, divertimenti, prodigi venivano esaltati. Il coreografo francese, da grande uomo di teatro quale era, seppe così trovare la formula giusta perchè il cupo racconto di Hoffmann divenisse uno spettacolo di grande successo e incanto. E Tchaikovski, che aveva iniziato a comporre la musica con tanta fatica, data la vecchiaia incipiente, si buttò sul lavoro con grande inventiva e rinnovato entusiasmo sperimentando nella partitura addirittura l'utilizzo di strumenti particolari per bambini.
Il balletto andò in scena il 18 dicembre 1892 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo ma con la coreografia di Lev Ivanov in quanto nel frattempo Petipa si era ammalato e con Riccardo Drigo direttore dell'Orchestra. Interpreti di quella "prima" furono l'italiana Antonietta Dell'Era (la Fata Confetto) e il pietroburghese Pavel Gerdt, insieme a Olga Preobrajenska e il giovanissimo Nicolaj Legat (futuro maestro di Nijinskij e Fokin). Il ruolo di Clara era sostenuto da una bambina della Scuola di ballo del Teatro.

Il soggetto

ATTO I°
E' la sera della vigilia di Natale. Nella casa del borgomastro di Norimberga, Clara e Fritz, i suoi due figli, stanno adornando l'albero.
Arrivano gli invitati: gli amichetti dei due bambini e i loro genitori. Giunge anche Drosselmeyer, uno strano tipo con una benda nera su un occhio. Ha portato doni per tutti. Per Clara c'è un dono speciale: uno Schiaccianoci a forma di soldatino che Fritz, geloso, strappa dalle mani della sorella e butta per terra rompendolo. Dolcemente Drosselmeyer lo aggiusta strappando un sorriso a Clara mentre i bambini riprendono a fare baldoria ed i genitori cercano di riportare la calma. La serata si conclude con la festosa danza del nonno e gli ospiti se ne vanno. E' l'ora di andare a dormire. Clara si addormenta abbracciando il suo Schiaccianoci e .....sogna.
In un attimo la stanza comincia a crescere, l'albero, i giocattoli diventano enormi e grandi topi invadono la stanza inseguendo Clara. Anche lo Schiaccianoci adesso è accanto alla bambina e porta con sè un esercito di soldatini che mette in fuga i topi.
Rimane solo da sconfiggere il re dei topi che lo Schiaccianoci affronta coraggiosamente ma è la pantofola lanciata da Clara che lo mette al tappeto.
Avviene il prodigio: lo Schiaccianoci si trasforma in un bel Principe e invita Clara ad andare con lui nel castello magico.
La stanza diventa un bosco con i fiocchi di neve che danzano. Inizia il viaggio incantato.

ATTO II°
La Fata Confetto accoglie Clara e il Principe che racconta della battaglia con i topi. Inizia una grande festa, alla quale prendono parte la cioccolatta, il caffè, il tè, il Trepak, i pasticcini, i pulcinella, e che si conclude con i fiori che danzano. E' poi la Fata Confetto a ballare con il Principe (nelle successive versioni con Clara) finchè il sogno svanisce.
Nella stanza tutto è tornato normale. C'è ora Clara che si risveglia con il suo Schiaccianoci tra le braccia.

Lo Schiaccianoci gira il mondo

Dopo la "prima" di Ivanov, rivista nel 1917 da Gorskij e nel 1929 da Lopukhov, nel 1934 andò in scena al Kirov l'edizione storica di Vassilij Lo schiaccianociVajnonen (in cui il ruolo di Clara veniva fuso con quello della Fata Confetto) e, nello stesso anno, il debutto europeo del balletto che avvenne nel mese di giugno al Sadler's Well di Londra ad opera di Nicholas Sergeiev che riprese la coreografia di Ivanov e che ebbe come protagonisti Alicia Markova e Robert Helpmann. In Italia il balletto giunse nel 1938 debuttando alla Scala di Milano con la coreografia di Margherita Froman.
Negli anni '40 e '50 si susseguirono numerose versioni tra le quali quelle di Boris Romanov, Frederick Ashton, Anton Dolin, Nicholas Beriozoff. Al 1954 risale l'innovativa versione di Georges Balanchine con il New York City Ballet che riprese la trama originale del racconto di Hofmann e divise lo spettacolo in due parti: realtà e sogno. Altre edizioni originali si susseguirono negli anni '50 e '60: Alfred Rodriguez , Jurij Grigorovich, Rudolf Nureyev (che unificava il ruolo di Drosselmeier con quello del Principe), John Cranko (che modificava quasi totalmente la vicenda) e dal 1970 ai giorni nostri: John Neumeier, Roland Petit, Mark Morris (in versione punk), Maurice Béjart.
Per le sue caratteristiche di favola a lieto fine e per la vicenda pervasa da un'atmosfera fatata di festa, "Lo Schiaccianoci": una fiaba fatta di dolciumi, soldatini, albero di natale, fiocchi di neve e fiori che danzano, topi cattivi, prodigi, principe azzurro e fatina, è diventato un balletto che ammalia i bambini e incanta i grandi. Per questo è lo spettacolo più rappresentato nel mondo durante le festività natalizie.


Eugenio Onegin

Libretto di Piotr Ilic Czaikowski e di Konstantin Shilovskij, dal romanzo omonimo di Aleksandr Puskin

[Evgenij Onegin] Scene liriche in tre atti e sette quadriPrima:
Mosca, Teatro Malyi, 17 marzo 1879 Personaggi:
Larina, possidente (Ms); Tatjana (S), Olga (A), sue figlie; Filippevna, vecchia balia [njanja] (Ms); Evgeni Onegin (Bar); Lenskij (T); il principe Gremin (B); un capitano della guardia (B); Zareckij (B); Triquet, un francese (T); Guillot, cameriere (m); contadini e contadine, invitati al ballo, possidenti, ufficiali
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Eugenio OneginEcco come Piotr Chaikovsky racconta, in una lettera al fratello del 1877, in che modo nacque l’idea di musicare il capolavoro poetico di Puskin: «La settimana scorsa era dalla Lavroskaja [una cantante e amica del compositore]. Il discorso cadde sui soggetti per opera... Lizaveta Andreevna improvvisamente disse: ‘E perché non prendere Eugenio Oneghin ?’ L’idea mi sembrò assurda, e non risposi. Poi, pranzando da solo, mi tornò in mente l’Onegin , cominciai a riflettere, la proposta della Lavrovskaja non mi parve così assurda, mi ci appassionai e alla fine del pranzo la mia decisione era presa. Corsi a comprarmi il testo. Lo trovai con fatica, tornai a casa, lo lessi con entusiasmo, passai tutta la notte insonne e il risultato fu la traccia di una deliziosa opera sulla base del testo di Pushkin... Che profondità poetica nell’Oneghin ! Non mi faccio illusioni, so benissimo che ci sono ben pochi effetti scenici, ben poco movimento. Ma la ricchezza lirica, l’umanità, la semplicità della trama insieme alla genialità del testo sopperiscono a queste manchevolezze». Nessuno incoraggiò il compositore: tutti trovavano l’impresa destinata all’insuccesso. «Non m’importa – scrive sempre al fratello – che ci sia poca azione, sono innamorato del personaggio di Tatjana, sono affascinato dai versi di Puskin». E alla baronessa von Meck confermò: «Chi ritiene l’azione scenica condizione primaria di un’opera, non sarà soddisfatto. Chi invece cerca la riproduzione musicale di sentimenti normali, semplici, universali, lontani dalla tragicità esteriore, dalla teatralità, saranno (spero) contenti della mia opera». I maggiori letterati del tempo, da Tolstoj a Turgenev, seguirono con estremo interesse il lavoro del compositore. Le prime quattro scene furono composte nel mese di giugno 1877 nella tenuta del librettista Shilovskij. Ci fu poi un’interruzione per motivi personali (l’infelice e brevissimo matrimonio con Antonia Miljukova a cui seguì una fuga disperata all’estero). Il lavoro riprese in Svizzera, a Clarens, dove il compositore finì il primo atto. Nel gennaio 1878 l’opera era ultimata, eccetto la scena del duello che venne scritta a San Remo in febbraio: in tutto otto mesi di lavoro. Rispetto all’essenziale disegno puskiniano, Chaikovskij ebbe solo un cedimento in direzione ‘melodrammatica’, poi subito rientrato: nell’ultimo atto Tatjana, invece di respingere con ferma consapevolezza l’amore di Evgeni, cade nelle sue braccia. Ma prima della presentazione ufficiale dell’opera al Bolshoj Chaikovski ripristinò la soluzione puskiniana. Soddisfatto del suo lavoro, conscio della diversità della nuova opera rispetto allo stile grand-opéra allora in voga, Cajkovskij decise di non consegnarla alla direzione dei Teatri Imperiali ma di seguirne direttamente la realizzazione affidandola agli allievi del Conservatorio. «A me serve non un grande teatro con la sua routine, le sue convenzioni, i suoi registri mediocri, le sue messinscene insensate anche se fastose, i suoi segnali luminosi al posto del direttore del coro ecc., ecc. Ecco che cosa mi serve per il mio Onegin : 1) cantanti non famosi ma disciplinati e volenterosi; 2) cantanti che inoltre sappiano recitare in modo semplice e convincente; 3) messinscena e costumi non fastosi ma rigorosamente fedele all’epoca; 4) un coro che non sia un gregge di pecore come nei teatri imperiali, ma che prenda realmente parte all’azione; 5) un direttore del coro che non sia un segnale luminoso. Costi quel che costi, non darò la mia opera ai Teatri Imperiali e se non mi sarà possibile realizzarla al Conservatorio, non vedrà mai la luce».
Atto primo . Scena prima . Nel giardino dei Larin, mentre la padrona di casa con la njanja rievoca la sua giovinezza e i suoi amori, le sue due figlie Tatjana e Olga cantano un duetto (“Sližali l’vy”, ‘Avete udito’) sul testo di una lirica giovanile di Pushkin, Il poeta . Arriva un gruppo di contadini per festeggiare la fine del raccolto: offrono un covone alla padrona e intonano due canti popolari, il primo inventato da Ciaikovski (“Boljat moi skorye nožen’ki”, ‘Soffrono le mie veloci gambe’), il secondo tratto da una danza di origine popolare (“Už kak po mostu-mostocku”, ‘Per il ponte-ponticello’) che le ragazze eseguono ballando in cerchio intorno al covone. Segue un arioso di Olga in cui mette a confronto il proprio carattere spensierato con quello inquieto della sorella (“Ja ne sposobna k grusti tëmnoj”, ‘Non sono incline alla languida tristezza’). Escono i contadini e arriva il poeta Lenskij, vicino di podere e fidanzato di Olga, con un amico, Oneghin, di recente trasferitosi da Pietroburgo nel podere di uno zio: i due amici e le due sorelle commentano l’incontro in un quartetto. Poi si formano due coppie: Onegin e Tatjana conversano allontanandosi mentre Lenskij fa un’appassionata dichiarazione d’amore a Olga (“Ja ljublju vas, Ol’ga”, ‘Vi amo, Ol’ga’). Rientrano Tatjana, già palesemente innamorata e Oneghin che, parlando di sé, introduce la famosa strofa iniziale del poema (“Moi djadja”, ‘Mio zio’). Scena seconda . È notte. Tatjana non riesce a dormire, chiede alla njanja di raccontarle dei suoi antichi amori; le confessa poi il suo sentimento per il nuovo ospite e chiede di lasciarla sola con carta e penna. Segue la lunga (dodici minuti) aria della lettera (“Puskaj pogibnu ja”, ‘Mi perderò’): Tatjana confessa la sua passione totale e assoluta per Onegin, nata dal primo istante e destinata a durare in eterno. È ormai l’alba: la njanja ritorna e trova Tatjana ancora sveglia. Nel duetto che segue, mette in guardia la fanciulla dai pericoli delle troppo rapide passioni. Tatjana chiede alla njanja di far recapitare la lettera da un nipote. Scena terza . In un angolo del giardino un gruppo di contadine raccoglie bacche cantando una canzone. Entra Tatiana correndo, si abbandona su una panchina e si dispera per il gesto compiuto. La raggiunge Oneghin, che con parole pacate e fredde le rimprovera la mancanza di controllo e le spiega le ragioni del suo rifiuto: certo, se volesse sposarsi, sarebbe la moglie ideale, ma l’inquietudine, l’angoscia gli impediscono qualsiasi unione duratura. Poi le offre il braccio e si allontanano insieme.
Atto secondo . Scena prima . È l’onomastico di Tatiana e in casa Larin c’è un ballo con la banda militare che suona. Onegin, irritato dalla vacuità degli invitati, decide di corteggiare Olga, facendo ingelosire Lenskij. Monsieur Triquet, istitutore presso alcuni vicini, canta alcuni couplets in onore della festeggiata. Durante la mazurka, Oneghin balla ancora con Olga; poi ha uno scontro con Lenskij che, giunto al limite dell’esasperazione, lo sfida a duello. Scena seconda . In campagna, nei pressi di un mulino, Lenskij aspetta Onegin con il suo secondo Zareckij: presentendo la morte, canta disperato il suo amore per Olga (“Kuda, kuda udalilis”, ‘Dove, dove siete volati’). Arriva Oneghin accompagnato, invece che da un secondo, dal suo cameriere Guillot. Tutto è pronto per il duello: Onegin spara per primo e uccide Lenskij.
Atto terzo . Scena prima . Nel salone di un palazzo pietroburghese si sta svolgendo un ballo. Oneghin, tornato da poco da una serie di viaggi, in un angolo esprime noia e insoddisfazione per la sua vita vacua. Entra il principe Gremin con Tatiana, diventata sua moglie e trasformatasi in un’elegantissima dama del bel mondo. Onegin stenta a riconoscerla e chiede di lei a Gremin, suo vecchio amico. In risposta Gremin gli rivela tutta la felicità della sua vita matrimoniale (“Ljubvi vse vozrasti pokorny”, ‘Tutte le età sono soggette all’amore’). Dopo un breve e formale saluto al suo antico amore, Tatiana, fingendosi stanca, si allontana al braccio del marito. Oneghin si scopre innamorato come un ragazzo (“Uvy, somneija net”, ‘Ahimè non ci sono dubbi’) e fugge, deciso a raggiungere l’amata. Scena seconda . In una stanza del palazzo Gremin, Tatiana legge una lettera di Onegin in cui le dichiara il suo amore. Piange, tormentata dal risvegliarsi in lei della passione. Entra Oneghin, le si butta ai piedi: Tatiana trova la forza di ammettere il suo amore ma di rifiutarlo in nome della fedeltà al marito e dà per sempre l’addio a Onegin.
Rispetto al testo puskiniano, molte sono le omissioni, relativamente poche le interpolazioni: non a caso Tschaikovsky chiama la sua opera ‘scene liriche’. È omesso tutto il primo capitolo, la spensierata vita mondana di Oneghin a Pietroburgo, e tutto il settimo, con la visita di Tatiana ai luoghi oneginiani, dopo il duello e la partenza per Mosca di madre e figlia in cerca di marito (di quest’ultima parte, con l’incontro del fidanzato e la proposta di matrimonio, esiste un abbozzo non realizzato nel primo progetto del compositore). Le principali interpolazioni sono i già ricordati cori dei contadini nella prima scena del primo atto, la parte finale del ballo in casa Larin, con lo scontro tra Onegin e Lenskij, la sfida a duello, il pubblico scandalo (in Pushkin la sfida e tutto ciò che ne consegue non avviene al ballo). Nell’ultimo atto, del tutto nuovo è il monologo di Gremin sulla felicità coniugale. Dilatata è l’ultima scena della dichiarazione di Oneghin a Tatiana, con appassionati slanci e trepide confessioni che il testo in versi non conosce. Assolutamente fedele è invece il testo dei tre momenti cardinali: la lettera di Tatiana, la risposta di Onegin, l’ultimo rifiuto di Tatiana, dove i versi puskiniani rimangono intatti e dove l’interpretazione musicale tschaikovskyana acquista una straordinaria intensità, raggiunge una originalissima, sottile, commossa dimensione psicologica. Estrema coerenza stilistica, sapiente succedersi di quartetti, quintetti, arie, ariosi e cori, grande intelligenza nel cogliere il tessuto musicale di un’epoca: Ciaikovskij, nel suo Onegin , ottiene in parte ciò che Puskin ha ottenuto in pieno, e cioè tradurre in forma lirica (o musicale) il vero senso di una generazione, la sua storia interiore. Tatiana appassionata, sincera e tuttavia rigida e coerente nelle sue scelte di vita, Oneghin inquieto, ombroso, annoiato, fragile, immaturo, incapace di amare, sempre alla ricerca di nuove prospettive che non realizzerà mai: sono due aspetti della generazione contemporanea a Pushkin, due aspetti (il rigido codice morale contro l’indeterminatezza, la depressione, l’oblomovismo) che segneranno i decenni a venire, e di cui Tschaikovskij sa dare una lettura sensibile.


CHAIKOVSKY E SAN PIETROBURGO


Tomba

Al Cimitero Tikhvin, nel Monastero di Alexander Nevskij, si trova la tomba del compositore.


CHAIKOVSKI E L’ITALIA


Casa

La casa in Toscana dove visse Tschaikovski.


BIBLIOGRAFIA


Libri su Chaikovski

Modest Ilic Tchaikovsky: La vita di Ciaikovsky. Mosca-San Pietroburgo, 1900-1903.
Piotr Ilic Tchaikovski: I diari. Mosca-Pietrogrado, 1923.
Kaskin Nikolaj Dmitrievic: Ricordi di Czaikowski. Pietrogrado, 1924.
Alexandra Orlova: Chaikovsky. A self-portrait. Oxford University Press, New York, 1990.
Luigi Bellingardi: Invito all'ascolto di Chaikovskij. Mursia, Milano, 1990.
Klaus Mann: Sinfonia Patetica. Garzanti, 1990.
Claudio Casini, Maria Delogu, Chaikovski, 1993


Monografie e studi
Laroche H.A., In ricordo di Cajkovskij, San Pietroburgo, 1894.
Kaskin N.D., Reminiscenze di Ciaikovski, Mosca, 1896.
Chajkovskij M.I., La vita di P.I. Tschaikovsky, 3 voll., Mosca, 1902.
Rimsky-Korsakov N., Cronaca della mia vita musicale, San Pietroburgo, 1908.
Glebov I. (Asaf'ev B.V.), Vita e opere di Tschaikovskij, Leningrado, 1922.
Findeizen N.F., La musica da camera di Tschaikovski, Mosca, 1930.
Budiakovskij A., P.I. Tchaikovsky: La musica sinfonica, Leningrado, 1935.
Bogdanov-Berbzovskij V.M., Le opere e i balletti di Tchaikovskij, Leningrado, 1940.
Gavazzeni G., Mussorgsky e la musica russa dell'800, Firenze, 1943,
Tibaldi Chiesa M., Tchaikovski, Milano, 1943.
Glebov I. (Asaf'ev B.V.), L'«Eugenio Onegin» di Czaikowski, Mosca. 1944.
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Weinstock H., Chaikovskij, Londra, 1946.
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Montale E., Prime alla Scala, Milano, 1981.
Orlov A., Tchaikovski: The Last Chapter, in «ML», 1981.
Bortolotto M., Consacrazione della casa, Milano, 1982.
Sgrignoli F., Czaikowski, Milano, 1982.
GardenE., Chaikovsky, nuova ediz., Londra, 1984.
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Pestalozza L., Possiamo dire che «Oneghin» si colloca tra Dostoevskij e Cechov?, Ed. Teatro alla Scala, Milano, 1986.
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Neef S.. Handbuch der russischen und sowietischen Oper. Kassel, 1989.
Poznansky A.: Tschaikovskij, the Quest for the Inner Man. Londra, 1991
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